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la
Storia
...un filo
sottilissimo separa la speranza dall'illusione
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Cabiria è una passeggiatrice
notturna che con il suo sciagurato mestiere sè conquistata un certo benessere
economico.
E dotata di una fervida
fantasia e, malgrado la vita che conduce, della cui indegnità è perfettamente
conscia, ha conservato in fondo allanima un tesoro dingenua bontà e
dinguaribile ottimismo.
Queste due doti la espongono
però a dolorose delusioni. Il suo "amico" che credeva sinceramente innamorato
di lei, la getta nel Tevere, strappandole la borsetta. Una sera incontra un celebre divo
del cinema, che ha avuto un fiero litigio con la propria amante. Cabiria passa la sera con
lui in un clima di affettuosa reciproca simpatia ma sul più bello arriva lamante e
Cabiria viene congedata. Un giorno al Santuario del Divino Amore, invoca con fervore la
grazia di cambiare vita; ma ben presto allesaltazione subentra lo sconforto.
Mentre assiste ad uno spettacolo, in un cinema teatro di periferia, Cabiria, invitata a
salire sul palco, viene ipnotizzata e rivela il suo intimo desiderio di un grande amore:
le sue ingenue espressioni la espongono, al suo risveglio, alle derisioni del pubblico.
Cabiria trova conforto in un
giovane onesto spettatore, Oscar che dirà ben presto di amarla e di volerla sposare
e...
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Avevamo fatto in tempo a chiederlo, allamatissimo Fellini, il
permesso di rifare in musical, dopo lesperimento di Bob Fosse, le "Notti di
Cabiria"; ed egli, come sempre, aveva accolto lidea con affetto e con una di
quelle sue ciniche e spiritose battute: "ma insomma via libera, fatemi sapere,
aspetto lassegno". Sono passati alcuni anni ed ecco che ci ritroviamo di fronte
a questa donna umiliata e offesa, procace, totale, immagine vivente della poetica
felliniana (già apparsa brevemente, ma con le stesse caratteristiche e incisività, in
una breve scena de "Lo sceicco bianco") che abbiamo tentato di riprodurre
secondo una fedelissima infedeltà che si rispecchia nelle scelte tipiche del
"Giornalino" di Mandrake, un fumetto cult dellimmaginario fantastico
del regista. Le scene, i costumi, con i loro colori violenti, sono ispirati a quel
sentimento eccessivo e tutto felliniano, come se tutto fosse stato disegnato dallo stesso
autore in uno di quegli schizzi a pennarello che si lasciava quasi inconsciamente alle
spalle. Rispetto, dunque, e naturalmente molto amore, riconoscenza: linfedeltà
riguarda solo una certa struttura narrativa e teatrale che riduce sempre più i
margini neo realistici che quel film, ai cui dialoghi aveva messo mano anche Pasolini,
ancora possedeva prima che Fellini spostasse definitivamente tutti i suoi set
nellinconscio. Invece la grande fedeltà è quella verso la stessa Cabiria,
verso la poetica del grande regista: il diaframma, sempre più sottile, sempre più
invisibile, sempre più incerto, tra realtà e fantasia. O meglio tra speranze e
illusione, tra sogno e concretezza: il tutto coniugato, nei riferimenti, a una sorta di
"modernariato" dellItalia adorabile e adorata, viva e spontanea,
degli anni 50, con struggenti riferimenti sociologici (il Pibigas), qualche amarcord
canzonettaro e un divertente gioco di dialetti, da Roma in su e da Roma in
giù.
Non sarà un musical con i lustrini, come non lo era quello tratto da
"Otto e mezzo" sarà però il tentativo di un vero musical nostrano, che non
traslochi stilemi e stereotipi dallAmerica, ma che rivendichi una priorità di
ispirazione e la felicità narrativa di un contesto storico tra i più gradevoli della
nostra realtà alla vigilia di quel famoso boom. In quellItalia dove trionfava il
neo realismo rosa dei poveri ma belli e il talento di Fellini scoppiava con "La
strada" "I vitelloni" "Il bidone".
Cabiria è stata una protagonista del mondo dellillusione che si
risolve in poesia, nellottimismo della ragione, della volontà e dei sentimenti;
perciò il Mago, in queste 7 notti dominate da un universo tutto femminile, è diventato
il narratore multiforme, filo rosso di tutta la vicenda, in cui si moltiplicano
così i piani di lettura , di interventi e forse di fascinazione. Un musical nostro e
diverso, allopposto del tentativo di Bob Fosse "Sweet charity", in cui
lapporto di Cucchiara spinge la colonna sonora verso una sorta di espressionismo
alla Brecht-Weill, ma con improvvise risorse melodiche, qualche immaginifico ricordo di
Rota, inevitabile e struggente. Limportante è codificare ancora una volta, come
diceva San Federico Fellini, che la vita è sogno e il cinema la proietta sullo schermo 4
volte al giorno. Un doppio sogno che si riflette nel musical e nella coscienza di chi lo
guarda e forse spende così un po del suo patrimonio sentimentale ai buoni fini
della Grande Magia. Maurizio Porro e Saverio Marconi |
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