MARCONI TORNA BAMBINO E PORTA A TEATRO LA FIABA
Ho ambientato la storia di Perrault negli anni ´50, quelli dei
miei ricordi di bimbo.
La commedia musicale è un genere perfetto per comunicare con
l'infanzia
La matrigna cattiva, due sorellastre brutte e invidiose, e lei
ragazza buona, bella e servizievole che solo un principe azzurro
renderà felice. Si capisce subito perché Cenerentola è la favola
più amata e conosciuta da generazioni di lettori, quella forse
più frequentata dal cinema e dal teatro: il riscatto della
poverella sui cattivi è un sogno che fa ben sperare.
Stavolta la cosa divertente è che Cenerentola torna (al Carcano,
oggi e domani) in una veste un po´ insolita, in versione
commedia musicale e per di più per bambini dai 4 ai 10 anni.
L´ha ideata per loro il maestro del musical italiano, Saverio
Marconi, con gli interpreti della sua Compagnia della Rancia.
«Questo è uno spettacolo al quale resto molto legato – racconta
il regista – perché è nato molti anni fa, nel 1988, agli esordi
della compagnia e perché così abbiamo iniziato la nostra strada
nel musical. Cenerentola ci ha portato fortuna».
Perché proprio Cenerentola?
«Volevamo fare uno spettacolo per bambini, e questa è la favola
delle favole. Abbiamo voluto farlo come una commedia musicale,
perché è un genere perfetto per i bambini. La musica è il mezzo
più diretto per comunicare con loro, sentimenti e atmosfere sono
molto più immediati».
Come ha adattato la favola originale?
«La storia, i personaggi sono quelli di Perrault, ma ho voluto
ambientare lo spettacolo negli anni cinquanta. In quegli anni
ero bambino e la favola che mi leggevano assumeva nella mia
mente gli abiti e le canzoni del mondo che mi circondava. Per me
Cenerentola è rimasta una storia degli anni cinquanta».
Dopo una carriera lunga e fortunata come attore di prosa e di
cinema, come mai ha deciso di avventurarsi nei musical?
«Ancora a causa dei miei ricordi d'infanzia. I film musicali
erano gli unici, oltre naturalmente ai cartoni animati, adatti a
dei bambini e i miei genitori mi portavano con loro, il sabato a
vederli al cinema. È una passione che covavo dentro da allora,
fino a quando ho deciso di rischiare, con la Compagnia della
Rancia».
Raccontata così sembra quasi una favola che si avvera.
«Le difficoltà, in realtà, sono state tante e diverse. Ad
esempio, quando abbiamo deciso di fare il primo musical di
grandi dimensioni, Chorus Line, nel 1990, abbiamo dovuto fare
due mesi di prove come una vera e propria scuola, per istruire
tutti gli interpreti. Pochi allora erano in grado di recitare,
cantare e ballare insieme. Oggi, per fortuna, ai provini
partecipano ragazzi sempre più preparati».
C'è un musical al quale è più legato?
«Il mio Pinocchio. Però adesso il mio sogno è quello di produrre
uno spettacolo del tutto originale. Finora abbiamo creato le
premesse, ora è il momento di affrontare questa sfida».