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La Repubblica

04/0 8/ 2001


Com'è grande la bottega degli orrori
A Trieste il bel musical di Marconi

Chi volesse seguire le varie prime dei vari Musical che vengono presentati in questi giorni dovrebbe muoversi come una trottola su e giù per l'Italia. È quello che stiamo facendo. Cominciamo da qui, da Trieste, Festival dell'Operetta (ormai dovremmo dire dell'operetta e del musical) da Saverio Marconi che ha già presentato qui in luglio la sua nuova edizione di "Grease" e che ha appena inaugurato un revival del suo primo spettacolo di musical La piccola bottega degli orrori.
Questa edizione i suoi collaboratori l'hanno ribattezzata La mediogrande bottega degli orrori, perché il regista l'ha fatta crescere un po' come la pianta carnivora che ne è la protagonista, dalle sue dimensioni iniziali da teatrino Off Broadway a quella di uno spettacolo di tutto rispetto, allestito su un palcoscenico normale, adatto ai grandi teatri.
E naturalmente non c'è una piccola band ad accompagnare le canzoni, ma un'orchestra vera e propria, regolarmente piazzata davanti/sotto la scena. Anche la scenografia è più estesa, così come lo sfondo della New York evocata nell'azione (ci sono persino due vagoni di metropolitana che passano di tanto in tanto) e i sapienti costumi fintopoveri prima, e verokitsch poi di Zaira De Vincentiis. La scena è di Giancarlo Mancini, le coreografie piene di gustosi rimandi agli anni Sessanta e Settanta, di Fabrizio Angelini.
«È questa la nostra grossa novità» dice Saverio Marconi «Da quando abbiamo messo in scena "Grease" e ora con La piccola bottega degli orrori, Fabrizio Angelini è entrato a far parte del nostro gruppo come coregista e ha firmato insieme a me queste due regie. E ben presto firmerà con noi un suo spettacolo». Saverio Marconi è molto fiero di questo avvento «abbiamo formato tanti nuovi attori di musical in questo decennio di intenso lavoro. Fabrizio ha fatto una lunga strada: ha cominciato con noi prima come attore ballerino, poi ha fatto il coreografo, adesso è diventato regista».
Del resto con quattro spettacoli suoi in giro per i teatri italiani ("Hello Dolly!", "Dance!", "Grease", "La piccola bottega degli orrori") Marconi non poteva continuare a fare tutto da solo. «Ho pensato» ci dice a proposito di questo ultimo spettacolo «che in fondo è passato molto tempo dal 1988, anno del suo debutto e che anche se lo abbiamo ripreso una volta, sono ancora in tanti a non averlo visto. Per questo motivo molti teatri ce lo hanno chiesto».
L'abituale fervore si manifesta nella nuova edizione e così la solita cura (ora moltiplicata per due) per i dettagli e un ritmo trascinante. Un cast tutto nuovo e pieno di nuovi elementi come il terzetto nero che fa da coro composto da Barbara Comi, Stella Rotondaro, Francesca Touré che è davvero una bella sorpresa. Felice Casciano alla sua seconda prova con La Rancia, è Orin, l'infame dentista, con ritmo humour e giusta ferocia. Carlo Reali, che è Mushnik, è come sempre delizioso e si ritaglia un paio di momenti straordinari tutti suoi.
La vera sorpresa è la coppia dei protagonisti. Non che si potesse dubitare del talento di Manuel Frattini, ma qui lo abbiamo visto, eccellente, in un ruolo molto diverso dai suoi soliti. Quanto a Rossana Casale, ancora una volta esplora nuovi territori del canto, inutile dirlo con splendidi risultati, e ci rivela altre affascinanti capacità di attrice.


Alvise Sapori


05/08/2001

Il festival dell’Operetta si chiude nel segno del musical con «La piccola bottega»
Ironia per ridere sull’orrore
Punto di forza dello spettacolo l’incantevole Rossana Casale

TRIESTE - La trentaduesima edizione del Festival internazionale dell'operetta si chiude nel segno del musical e tiene a battesimo alla Sala Tripcovich una nuova edizione de «La piccola bottega degli orrori» di Howard Ashman e Alan Menken coprodotta dal Teatro lirico Giuseppe Verdi e dalla Compagnia della Rancia, il gruppo che, tredici anni fa, iniziò proprio con la versione italiana di questo musical fortunatissimo e, se vogliamo anomalo, la sua pionieristica impresa di importazione e riproposizione nel Paese del melodramma dei titoli più noti del repertorio di Broadway e dintorni.
Oggi lo spettacolo firmato a quattro mani da Saverio Marconi e Fabrizio Angelini si presenta ai nastri di partenza rinnovato non solo nella compagnia che ha il suo punto di forza nell'incantevole Audrey di Rossana Casale, ma anche nella veste scenica.
Insomma, dalle sue dimensioni iniziali da teatrino Off Broadway, lo spettacolo è cresciuto con gli anni a quelle di un musical di tutto rispetto, allestito su un palcoscenico normale e adatto anche ai grandi teatri. Come lo sfondo della New York evocata nell'azione - ci sono persino due vagoni di metropolitana che passano di tanto in tanto - anche la scenografia, firmata da Giancarlo Mancini, è più complessa di quella originaria, mentre, altro punto di forza del godibilissimo spettacolo, sono i costumi vagamente kitsch di Zaira De Vincentiis e le coreografie, piene di gustosi rimandi agli anni Sessanta e Settanta, di Fabrizio Angelini.
Alle origini de «La piccola bottega degli orrori» c'è, come noto, il film, realizzato nel 1960 da Roger Corman in cui si racconta di una pianta carnivora, battezzata dal commesso di fioraio Seymour che ne è lo scopritore-inventore Audrey 2 in onore della ragazza di cui è segretamante innamorato. La pianta può realizzare tutti i desideri del giovane, a patto che le sia garantita una congrua dose di sangue umano. Deriva da questa impellente necessità di cibo la battuta-tormentone della commedia, quell'«Ho fame!», più volte pronunciata dalla pianta parlante (la cui voce, nello spettacolo è quella di Benito Madonia, mentre la sua animazione è affidata a Luigi Masini), che negli anni Sessanta era diventata una sorta di ritornello per i ragazzi degli Stati Uniti: un modo per ironizzare su tutta una produzione americana di film dell'orrore cui il pubblico accorreva per il piacere masochistico di vivere un incubo.
Qui l'incubo è ingentilito dalle musiche, ripetitive fin che si vuole, ma accattivanti, di Alan Menken e realizzate dal vivo da una piccola band di strumentisti guidati da Giovanni Maria Lori, e soprattutto dalle situazioni comiche o quanto meno ironiche che si susseguono senza sosta nelle due ore di spettacolo.
Abbiamo ricordato, fra gli interpreti, la «marilyneggiante» e bravissima Rossana Casale, ma non sono da meno il Seymour sempre in movimento di Manuel Frattini e l'esperto Mushnik di Carlo Reali, per non dire dell'eccellente Felice Casciano nel ruolo del dentista sadomaso Orin o del trio nero di coriste formato da Barbara Comi, Stella Rotondaro e Francesca Tourè. Lo spettacolo, che alla prima è stato accolto da un successo vivissimo, si replica a Trieste fino al 12 agosto e sarà poi in autunno in giro per tutta Italia.


Rino Alessi


05/08/2001

Divertenti orrori in bottega
Un pubblico entusiasta
al debutto dello spettacolo in Sala Tripcovich


TRIESTE
Certamente 40 anni fa, quando, nel 1960, Roger Corman e Charles Griffith con la storia della pianta carnivora assetata di sangue e carne umana protagonista de “La piccola bottega degli orrori” confezionarono un film di successo e subito dopo Howard Ashman e Alan Menken la portarono in musical al trionfo sulle scene dell’off-Broadway, il problema dei cibi transgenici, delle manipolazioni genetiche e della loro pericolosità non era così di stretta e drammatica  attualità. Sì, c’erano stati gli esperimenti sulle armi battericide, per esempio, ma nell’immaginario collettivo un futuro in cui la natura maltrattata dall’uomo si sarebbe in qualche modo rivoltata contro di lui era solo argomento di film di fantascienza e neanche tanto raffinati. Infatti, il film di Corman e lo spettacolo di Ashman divennero in poco tempo “cult”, proprio per l’aria scanzonata e surreale dhe circolava nel loro racconto, costruito sì attorno alla malefica pianticella, ma con tanti tipi divertenti, macchiette improbabili ma assolutamente rassicuranti in una vicenda che finisce in tragedia, con il vegetale cresciuto a dismisura che se li mangia tutti e, al servizio di un’agenzia d’affari più o meno losca, si accinge a conquistare e distruggere il pianeta.
E l’effetto di uno spettacolo del tutto rasserenante, perfettamente in grado di regalare un paio d’ore di buon umore, continua a farlo “la piccola bottega degli orrori”. La prova? La curata e lussuosa edizione che la Compagnia della Rancia in coproduzione con il Teatro Verdi di Trieste ha presentato l’altra sera nel capoluogo regionale in una sala Tripcovich osannante anche se non tutta esaurita. Con questo musical La Rancia aveva iniziato nel 1988 la sua strada italiana al musical americano. Un inizio in sordina e lo spettacolo, che era stato presentato anche a Udine al Palamostre, era molto più contenuto del presente, ancora più commedia che musical, tutto giustamente giocato su un’interpretazione all’insegna dell’ironia e del sano artigianato teatrale. Il risultato era di una notevole freschezza e immediata godibilità.
La versione attuale, molto più patinata, punta molto sulla spettacolarità, sulla “grandeur” di uno spettacolo musicale con tutti i crismi. E ci riesce in pieno anche mantenendo quel tanto di divertimento, un po’ ingenuo, che è la forza e della storia e della musica, peraltro molto ripetitiva e senza picchi da entrare immediatamente in testa e canticchiare uscendo dal teatro. Grazie agli interpreti – un affiatatissimo terzetto che comprendeva un sin troppo generoso e scattante Manuel Frattini nel ruolo dell’imbranato apprendista fioraio responsabile della pianta; un vertice musicale in Rossana Casale, decisamente la migliore e la più raffinata a gestire una microfonatura eccessiva e a rischio appiattimento voci, in un personaggio, quello della commessa bella svampita, che la cantante domina con brio e ironia; e l’attore Carlo Reali, il fioraio, assai a suo agio nel canto e nel ballo, anche se un po’ manierato.
Ma anche gli altri interpreti, un ottimo Felice Casciano nel ruolo del dentista sadico e il coro di Barbara Comi, Stella Rotondaro e Francesca Touré – un trio di cantanti e attrici assai grintose – assecondavano con verve la regia di Saverio Marconi. Come sempre, negli ultimi spettacoli della Rancia, in grado di far funzionare a pieno ritmo la macchina spettacolare, curata anche nelle scenografie di Giancarlo mancini – uno spaccato di sobborgo newyorkese con la metropolitana che scorre sullo sfondo della celebre skyline ottima per giochetti di luce e lucette negli stacchi delle melodie più zuccherose, le coreografie di Fabrizio Angelici e i costumi di Zaira De Vincentiis.
Insomma, uno spettacolo con tutte le carte in regola per bissare il successo popolare degli originali. Ch epoi non si vada al di là di una bella e patinata confezione, come da modello originale americano, all’insegna della più pura superficie, questa è un’altra e probabilmente inutile storia. “Standing ovation” del pubblico triestino, “gadgets” e moduli di adesione al Primo ufficiale Fan club della Rancia a ruba nel foyer…

Mario Brandolin


06/08/2001

Una simpatica fiaba metropolitana
Il celebre musical "La piccola bottega degli orrori"
in Sala Tripcovich a Trieste

TRIESTE
Frutto della fantasia di Howard Ashman e musicato da Alan Menken, “La piccola bottega degli orrori” è un musical che vanta una lunga storia di successi. Nato dalle suggestioni dell’omonimo film del 1960 diretto da Roger Corman, diventò uno show cult off-Broadway  grazie alla miscela esplosiva di rock e ironia che mette alla berlina i topoi classici del genere horror e della commedia musicale degli anni ’40 e ’50.
Il  leggerissimo plot ha il sapore della fiaba metropolitana i cui risvolti esageratamente inquietanti muovono solo al riso e al buonumore. Protagonista ingenuo e ambizioso è Seymour, impiegato come commesso, assieme alla dolce Audrey, nel misero negozio di fiori del signor Mushnik situato nei sobborghi umidi e malfamati di New York. Il giovane, attratto dagli esperimenti di botanica, per caso scopre “la pianta non identificata più stupefacente d’America” e la battezza Audrey II, conseguendo repentina fama e ricchezza. Sembrerebbe inverarsi allora l’ennesimo caso di “american dream”, anche se sarà presto bruscamente interrotto. Lo strano vegetale, puntato in un giorno di eclissi di sole, comincerà infatti a manifestare ingordi e grand-guignoleschi appetiti antropofagi…
La Sala Tripcovich ha ospitato in prima nazionale l’allestimento de “La piccola bottega degli orrori” curato dalla Compagnia della Rancia, vessillifera della tradizione del musical in Itralia, e dalla Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Verdi”. Proposto come ultimo appuntamento del Festival Internazionale dell’Operetta, lo spettacolo porta la firma di Saverio Marconi, che aveva già curato una versione di successo dell’opera nel 1988. Si avvale altresì della versatilità e della presenza scenica di tre grandi artisti. Il personaggio di Seymour è affidato al talento esuberante e versipelle di Manuel Frattini che, oltre alle abilità di ballerino, ostenta ottimo canto e recitazione. Ala suo fianco la Audrey di Rossana Casale, che ammicca nell’allure sexy e svampita la Marylin-Zucchero di recente interpretazione e incanta con la voce quando intona i suoi sogni (“in mezzo ai fior”). E ancora il carisma vigoroso di Carlo Reali, un Mushnik pratico e malleabile. Funzionali e spiritose, infine, le animazioni di Audrey II realizzate da Luigi Masini e Benito Madonia. Applausi calorosissimi.

Elena Pousché


La Repubblica

Rossana Casale in musical:
"Così divento quasi Marilyn"
La cantante a Milano con "La piccola bottega degli orrori"

21/11/2001

MILANO -  Rossana Casale ha una bellissima quanto precisa risposta all'inevitabile domanda: come si definirebbe lei, signora Casale? «Sono una cantante» dice, «Sono una madre, e faccio teatro». Inutile dire, nell'ordine. La cantante ha una carriera leggermente atipica ma assai ricca di interessi e quindi di cambiamenti: dal pop al jazz, alla canzone d'autore, al musical. Questi differenti aspetti si costeggiano nella sua carriera naturalmente privilegiando di volta in volta l'impegno del momento. In questo momento però, ammette di avere una certa nostalgia della canzone, una debolezza, chissà se momentanea, per il pop. Quanto alla professione di madre («quanto difficile, e con quanti sensi di colpa per tutto il tempo che passo lontano da mio figlio») è impossibile ignorarla: Sebastiano, il suo bambino di tre anni, abita ogni sua frase e ogni suo pensiero. Parliamo della Piccola bottega degli orrori, regia di Saverio Marconi, di cui è protagonista e che è da ieri in scena a Milano, al Teatro Nuovo. «È una tale gioia, un tale piacere! L'unico vero problema è la pianta carnivora: ogni volta che ci entro (la pianta la divora alla fine della commedia, ndr) mi faccio male ai polsi, alle braccia, alle ginocchia... E poi certo, il problema della recitazione. Per mia fortuna lavoro con due compagni meravigliosi: Manuel Frattini, che ha un ruolo un po' diverso dai suoi soliti ed è bravissimo: sono sicura che avrà un gran risultato da questo spettacolo. E poi c'è Carlo Reali, è talmente bravo che rischio di distrarmi a guardarlo, e sono sempre in camerino da lui a chiederli consigli». E il regista, Saverio Marconi? «Quando mi ha chiamata per A qualcuno piace caldo, non mi ha chiesto "vuoi interpretare Zucchero?" ma "vuoi interpretare Marilyn?" Curioso, no? Per altro nessuno ci credeva e invece ci siamo riusciti. Ci sono riuscita. Il rovescio della medaglia è che al momento di affrontare Audrey, la protagonista di La piccola bottega degli orrori mi sono trovata tracce di Marilyn da tutte le parti e due "stupide bionde", come si diceva a Hollywood, in apparenza molto simili. Ma ora la mia Audrey si è chiarita: è sempre indifesa, è un po' svampita, ma è lei, e, soprattutto, ormai, è diversa da Marilyn, cioè da Zucchero».

Alvise Sapori


Corriere della Sera

Ballando con la pianta carnivora


21/11/2001

MILANO - Tutto nacque nel 1960, quando Roger Corman, prendendo spunto da una leggenda ebraica riscritta in modo scherzoso da Charles Griffith, girò in tre giorni, con 30.000 dollari e il giovane ghigno di Jack Nicholson «La piccola bottega degli orrori», indovinata commistione tra musical e paura. Il successo fu tale che non solo nell’86 fu girato un remake di Frank Oz, ma «The Little Shop of Horrors» divenne nel ’65 anche un musical off Broadway che, premiatissimo, tenne banco in 15 Paesi, lanciando la coppia parole e musica Howard Ashman-Alan Menken. Riecco lo show, interpretato dalla ormai leggendaria pianta carnivora che esige sangue fresco come Dracula, al Nuovo di Milano, dove resterà fino all’Epifania, nel rinnovato allestimento della Rancia, che in passato lo replicò 500 volte portando al successo il demenzial-horror. «E’ stato il nostro primo passo nel musical - dice Saverio Marconi - e ora che mi sento più sereno mi piace sia visto da un nuovo pubblico».
Un ripasso per il delizioso spettacolo, diventato più luminoso e fastoso nella scena di Giancarlo Mancini, arricchita di un metrò newyorchese e nei costumi accesi di ironia di Zaira de Vincentiis, mentre Fabrizio Angelini ha misurato sulla verve del protagonista Manuel Frattini e delle sue mani prensili, un passo a due con la orribile pianta in cui si passa dalla rumba al tango al rock. Il segreto di questo non innocente musical da camera, vampiresco e cinico, sta nel tasso surreale che soprattutto nel primo tempo offre con gentile divertimento e incastro di orrore e sentimento, spontaneamente antiecologico: la protagonista è Audrey II, una vorace pianta carnivora che dopo aver fatto la fortuna di un piccolo fiorista ebreo, cresce a vista, chiedendo sangue umano: uccidere diventa un optional amorale.
Un coro azzeccato di tre ragazze (Barbara Comi, Stella Rotondaro, Francesca Tourè) accompagna l’azione, garantita dallo humour yiddish e dalla geniale trovata della commessa (la brava, fatal e quotidiana Rossana Casale, sofisticata perché gli uomini preferiscono sempre le bionde), fidanzata al dentista motociclista sadomaso. La mostruosa, draculesca pianta che ingigantisce con ottimi trucchi in scena, manda in tilt tutti i sogni: quelli di gloria del negoziante (Carlo Reali, indisposto, è stato ieri sostituito da Fabrizio Angelini), quelli amorosi del commesso orfano Samuel, che l’ha scoperta; e quelli piccolo borghesi di Audrey. Sono le musiche indovinate di Menken che commentano questi strani casi, pescando emozioni nell’inconscio e nell’archetipo delle fiabe, con garanzia di satira e una promessa non di happy end: la metafora è aperta, ciascuno ci può mettere le paure sue.

Maurizio Porro


La Stampa

Dopo 13 anni d'assenza il musical è in scena a Milano, regista Marconi
Piante carnivore tutte da "cantare"
Torna "La piccola bottega degli orrori", protagonista la Casale

23/11/2001

MILANO - Dopo ben tredici anni di assenza dai palcoscenici italiani torna in teatro «La piccola bottega degli orrori». Il musical di Howard Ashman e Alan Menken portato per la prima volta in Italia dalla Compagnia della Rancia nell'88 è approdato martedì scorso al Nuovo di Milano (ci rimarrà sino al 6 gennaio del 2002) grazie alla regia di Saverio Marconi e alle performances di Rossanna Casale e del giovane Manuel Frattini. Casale fa la parte della commessa svampita, Frattini è l'imbranato apprendista di bottega Seymour, Carlo Reali (ma per la «prima» è stato sostituito, causa sciatica, da Fabrizio Angelini) è il proprietario della bottega degli orrori Misyter Mushnick mentre gli effetti speciali con la pianta Audrey 2 che si muove e canta sono affidati all'esperienza di Giancarlo Mancini. Ispirata a un film in bianco e nero del 1960 ripreso da Frank Oz nel 1986, la storia racconta di una pianta carnivora ma miracolosa capace di esaudire i sogni degli uomini anche se, purtroppo, bisognosa di sangue umano per crescere e nutrirsi. Padrona di una voce e soprattutto di una vocalità non comuni, la Casale dopo anni di musica pop, esperimenti jazz, ha trovato la sua dimensione. «Credo che il musical - dice la protagonista - faccia bene sia al teatro che alla musica e con il mio ultimo spettacolo "A qualcuno piace caldo" ho definitivamente imparato il linguaggio del musical. Spero che in futuro questo genere in Italia diventi sempre più stimolo per registi, attori e cantanti. Mi piacerebbe vedere i grandi nomi del teatro affrontare questa strada. La voce non è un problema: basta esercitarla». Il personaggio interpretato dalla Casale è quello della svampita Audrey. Un ruolo comico e drammatico al tempo stesso. «E' una parte meravigliosa - spiega Roxi - che richiede un altissimo livello di vocalità. Qui tra l'altro non c'è un lieto fine anche se la storia è tenera e commovente». Responsabile del coordinamento vocale fra gli artisti, la cantante figlia d'arte di uno dei più importanti fotografi pubblicitari italoamericani, è ben supportata per tutto lo spettacolo da un trio di ragazze da sottolineare. Fra loro c'è anche quella Francesca Tourè che qualcuno ricorderà come voce solista del gruppo Delta V che due anni fa raggiunse il successo con la cover di un brano di Mina intitolato «Se telefonando».


Audrey 2

 

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