E’ morto a 65 anni l’attore americano Val Kilmer

È morto all’età di 65 anni l’attore americano Val Kilmer. Lo rende noto la famiglia, citata dal New York Times.
Kilmer è morto a Los Angeles. Secondo quanto riportato dalla figlia, Mercedes Kilmer è deceduto per le complicazioni di una polmonite. Nel 2014 gli fu diagnosticato un cancro alla gola da cui era riuscito a guarire ma lo aveva reso praticamente afono. È stata l’intelligenza artificiale a dargli voce in ‘Top Gun: Maverick’, nel 2022, e l’insistenza dell’amico co-protagonista Tom Cruise a volerlo a tutti costi nel film campione d’incassi.
Esordì come attore teatrale per poi diventare popolare a metà degli anni Ottanta grazie ad alcuni film commedia come Top Secret e Scuola di geni. Tra le sue tante interpretazioni si ricordano in particolare quella Jim Morrison in ‘The Doors‘ del 1991 di Oliver Stone, quella di Iceman in ‘Top Gun’ del 1986 di Tony Scott e quella di Bruce Wayne in ‘Batman forever’ del 1995 di Joel Schumacher.
Al culmine del suo successo, negli anni ’80, Kilmer corteggiava Cher e Cindy Crawford, guadagnava 6 milioni di dollari a film e si era guadagnato sul campo la reputazione di essere praticamente impossibile da gestire. Ron Howard, che lo diresse nel 1987 sul dark fantasy Willow, lo definì “infantile” e “insopportabile”. Alla fine delle riprese di ‘Batman Forever’, nel 1995, Joel Schumacher disse: “Non mi piace Val Kilmer, non mi piace la sua etica del lavoro e non voglio più essere associato a lui”.
Nato il 31 dicembre 1959 a Los Angeles, Kilmer è cresciuto a Chatsworth, una cittadina della San Fernando Valley poco fuori dalla megalopoli californiana, dove il padre lavorava nel settore immobiliare. Sua madre veniva da una famiglia svedese. Quando i due divorziarono, il futuro Batman aveva 9 anni e, insieme ai due fratelli, rimase a vivere con il padre. Fin da ragazzo prese parte alle recite scolastiche e comparve in alcune pubblicità. A 16 anni, è stato ammesso al corso di recitazione della prestigiosa Julliard school di New York. Dall’altra parte del paese, muove i primi passi come attore professionista, insieme a Kevin Bacon e Sean Penn nella commedia off Broadway del 1983 ‘The Slab Boys’. Il debutto televisivo è arrivato con uno speciale della Abc sulla guida in stato di ebbrezza: al suo fianco c’era una giovane Michelle Pfeiffer, a cui, in seguito dedicò un libro di poesie, che oggi si vende a 400 dollari la copia.
Nel passaggio al grande schermo le scelte di Kilmer furono piuttosto eccentriche. Nel 1983, per esempio, ha rifiutato un ruolo in ‘I ragazzi della 56ª strada’ di Francis Ford Coppola perché era impegnato a teatro. Tre anni dopo, ha detto no a David Lynch che gli aveva offerto una parte in ‘Velluto blu’. Invece, ha fatto il suo debutto cinematografico nei panni di una rock star degli anni ’50 nella parodia di un film di spionaggio ‘Top Secret!’ (del 1984). Poi, senza dire una parola, è scomparso per più di un anno per andare in giro per l’Europa con lo zaino in spalla. Al suo ritorno, arriva la parte che gli cambia la vita e che lo fa conoscere al pubblico di tutto il mondo: il pilota rivale di Maverick nel classico del 1986.
Lo status di divo maledetto di Hollywood arriva per mano di Oliver Stone, che lo sceglie per interpretare il fondatore dei Doors, perché – come dichiarò il regista all’epoca – gli “piaceva la sua arroganza implicita”. Per prepararsi, Kilmer ha passato un anno nei club del Sunset Strip, i luoghi che avevano visto nascere la rock band, e ha memorizzato tutti i brani di Morrison. Nel film del 1991 canta 15 canzoni in modo così convincente che i membri dei Doors hanno ammesso che non riuscivano a distinguere la sua voce da quella di Morrison.
Subito dopo ‘The Doors’ si ritirò in un immenso ranch nel New Mexico, dove andava a cavallo, allevava bufali e scriveva poesie. Ha poi dovuto vendere la proprietà per appianare i conti con il fisco e pagare gli alimenti ai figli. Kilmer ha continuato ad apparire in vari film, ma soprattutto con cameo e ruoli minori. Nel 2020, ha pubblicato le sue memorie, ‘I’m Your Huckleberry’, in riferimento alla sua famosa battuta quando vestiva i panni del pistolero alcolizzato Doc Holliday nel film western del 1993 “Tombstone”. A Los Angeles, su Melrose Avenue, resta aperto il Kamp Kilmer, uno spazio da lui fondato a metà tra galleria d’arte e centro sociale aperto a poeti, pittori, musicisti e registi, dove spesso terminava le sue giornate l’ex cavaliere oscuro di Hollywood. (Fonte: ansa.it)

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“Kiss of the Spider Woman” al cinema in autunno

Il film-musical “Kiss of the Spider Woman” uscirà nelle sale cinematografiche in autunno.Il film completo, scritto e diretto da Bill Condon (Dreamgirls), ha debuttato in anteprima mondiale all’inizio di quest’anno al Sundance Film Festival. Non è ancora stata fissata una data di uscita ufficiale.
La versione cinematografica del musical del 1992 di John Kander, Fred Ebb e Terrence McNally vede la star del cinema e cantante Jennifer Lopez nel ruolo del titolo, con Tonatiuh nel ruolo di Luis Molina e Diego Luna in quello di Valentin Arregui. Il cast include anche  Josefina Scaglione (West Side Story), Bruno Bichir e Aline Mayagoitia.
Basato sul romanzo di Manuel Puig del 1976, Il bacio della donna ragno è incentrato su una coppia di compagni di cella in una prigione argentina. Valentin è un rivoluzionario politico mentre Molina è un vetrinista gay che si prende cura di lui raccontandogli le storie dei suoi film preferiti, molti dei quali hanno come protagonista la sua star del cinema preferita in assoluto, Aurora. Ma l’unica storia che teme di raccontare è il ruolo più importante di AuroraLa Donna Ragno. Il romanzo è stato adattato dallo stesso Puig come opera teatrale nel 1983 e come film vincitore dell’Oscar nel 1985 con Raúl Juliá. La versione musicale teatrale ha ampliato in qualche modo la storia, rendendo Aurora un personaggio che appare in una serie di sequenze fantasy. Chita Rivera ha creato il ruolo e ha vinto un Tony Award per la sua interpretazione, poi sostituita da Vanessa Williams al suo debutto a Broadway. Il film rappresenta il vero, atteso debutto di Jennifer Lopez nel musical.

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Nadia Rinaldi: “Non credevo ai suoi tradimenti”

Nadia Rinaldi (Giovanna D’Arco, M.A.F.I.A. il musical) lo svela a La Volta Buona. L’attrice parla della brutta fine del suo matrimonio con il pittore Francesco Toraldo, da cui nel 2008 ha avuto una bambina, Francesca Romana (è anche genitore di Riccardo, nato nel 2000 dalla relazione con il regista Mauro Mandolini). “Non credevo ai tradimenti, tutti mi hanno preso per cretina”, sottolinea a Caterina Balivo la 57enne.
“E’ stata una bella storia, quella con mio marito, è nata una figlia meravigliosa. Stavamo insieme da 6 anni e quando la piccola aveva 2 anni…”, spiega Nadia. Lui l’ha tradita. “Gli uomini vogliono rimanere degli eterni bambini e vogliono le coccole. E quando tu dai le attenzioni ai bambini, diventano gelosi anche dei figli”, precisa l’artista romana.
La Balivo le chiede cose si sia accorta del tradimento. La Rinaldi replica: “L’ho scoperto perché arrivavano le lettere, telefonate, mazzi di fiori arrivava di tutto. L’ho scoperto e ha deciso di andare via e io l’ho presa in modo anche animato. Non riuscivo a credere che mi avesse tradito. Mi hanno preso tutti per cretina. Le amanti di mio marito mi hanno chiamato tutte dopo, ma non le conoscevo”“Tutti sapevano, ma nessuno me lo ha detto”, ammette amaramente.
Nadia poi conclude: “Lui è stata una parentesi della mia vita, oggi non ho un bel ricordo, ma c’è mia figlia. Tutto quello che c’è di bello l’ha passato a nostra figlia. A lui è rimasto tutto ciò che di brutto aveva”.  (Fonte: gossip.it scritto da Carla Giuni)

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Fedez prepara la versione italiana del musical “Hamilton”!

La notizia è davvero una bomba! “Hamilton” è il musical di maggior successo a Broadway e a Londra degli ultimi dieci anni. Una versione italiana era davvero poco sperata. È invece ufficiale la notizia che Fedez sta lavorando all’adattamento italiano di cui sarà anche interprete nei panni proprio di Alexander Hamilton, uno dei padri fondatori degli Stati Uniti. “Ho già incontrato l’autore Lin-Manuel Miranda, che ha anche accettato di venire in Italia a curare la messa in scena della traduzione“, ha dichiarato il rapper.
Fedez non ha ancora ufficializzato la data di debutto di Hamilton (ma comunque nel corso della stagione 2025/2026), né a chi farà capo, limitandosi a dire di aver coinvolto alcune delle più importanti produzioni di musical del nostro paese.
Hamilton è un fenomeno culturale e un’esperienza unica ed emozionante. È  la storia dell’America di un tempo raccontata dall’America di oggi. Con una colonna sonora che fonde hip-hop, jazz, R&B e Broadway, Hamilton ha trasformato la storia del padre fondatore americano Alexander Hamilton in una vera e propria rivoluzione teatrale, un musical dal profondo impatto culturale, politico e formativo.
Nei prossimi giorni verrà diramato il bando di audizioni per tutti i ruoli. Chi è interessato non perda di vista la nostra sezione “Audizioni“. Una conferenza stampa ufficiale è prevista per fine maggio.

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Su “Il Fatto Quotidiano” una bella intervista a Saverio Marconi

Su “Il Fatto Quotidiano” di ieri, una bella intervista a tutto campo di Alessandro Ferrucci a Saverio Marconi.
Ne approfittiamo per fare gli auguri a Saverio Marconi, che compie gli anni proprio domani.
(La foto è © Ignazio Marconi)

“Sono dislessico. Nel 1955, alle elementari, venivo inserito sotto la specifica ‘scemo’. Poi, in quarta elementare, pensano allo spettacolino di fine anno, ci tenevo tantissimo, desideravo partecipare, anche perché amavo il palco da quando a tre anni i miei genitori mi avevano regalato un teatrino. La risposta dei maestri fu netta: ‘No, non sai leggere’. Bocciato. Poi uno dei protagonisti si ammala. Insisto: ‘Posso?’. ‘Non sai…’. Presi in mano il foglio e finsi di leggere, in realtà sapevo tutte le parti a memoria. ‘Va bene, il ruolo è tuo’. L’anno dopo ero il protagonista”.

Saverio Marconi danza con le parole, recita con gli occhi e balla sulla sua storia. Lui è il papà del musical in stile Broadway: è lui ad aver portato in Italia gli spettacoli d’oltreoceano, ad aver legato al suo nome i maggiori successi al botteghino. Centinaia di migliaia, milioni di spettatori e un paio di generazioni che hanno scoperto la bellezza del palco vissuto in ogni colore dell’arte.

Cos’è il palco?
È esibizione. È l’esibizione a restituire felicità.

L’approvazione.
È importante, ma non è tutto: l’approvazione può fregarti.

Senza approvazione non c’è esibizione.
È vero, ma i complimenti ti bloccano. A me è andata così. Ha iniziato con il cinema e subito ha ottenuto successo.
Immediatamente riconosciuto e premiato; però in quegli anni ho girato pure film brutti; ma non era il mio mondo.

Perché?
Non posso stare fermo ad aspettare. E poi non sono stato assistito, consigliato, guidato.

Su cosa?
Magari di studiare, su come migliorarmi; nella mia carriera ho assistito alla crescita di vari attori: loro diventavano sempre più bravi, io no.

Chi?
Michele Placido.

Gian Maria Volonté.
No, lui è dio.

Ci ha recitato.
L’ho amato tantissimo, anche se questo amore non mi è stato immediatamente evidente.

Per cosa l’aveva confuso?
Siamo stati tre mesi sul set (Ogro di Pontecorvo); a Natale ci raggiungono le nostre compagne, quindi prendiamo due appartamenti. Dopo qualche giorno, io e Gian Maria restiamo soli, e visto che prendevamo la diaria mi propone di condividere una casa, in modo da risparmiare. Accetto: abbiamo convissuto quasi tre mesi, dalla mattina alla sera (silenzio)…

E…?
Un’ossessione. Non potevo andare da nessuna parte, chiedeva conto di ogni movimento: ‘Dove vai? Con chi? No, vengo anch’io’. Quindi a pranzo, a cena. Sempre!

Parlava di politica?
Certo, e lodava le Brigate Rosse.

Lei?
M’incazzavo: ‘Sono assassini!’. Insomma, una battaglia perenne. Fino a quando ho capito: stava recitando.

Cioè?
Nel film era l’adulto che proteggeva il ragazzo. Il ragazzo ero io. Tornati a Roma, il nostro rapporto è diventato totalmente altro: piangeva, smussava, non era così assillante. Un altro uomo.

Ossessione del ruolo.
In maniera sconvolgente; non sono mai stato in grado di vivere il lavoro in quel modo: perderei la testa. Perché Gian Maria metteva a rischio se stesso, viveva il ruolo 24 ore al giorno, senza alcuna difesa.

Ha visto o vissuto altri attori così intensi?
Come lui, nessuno. Eppure ho lavorato con grandissimi come Fernando Rey.

Lei che attore è? All’inizio estetico, dotato di grande energia… Bellezza.
Anche quella; ma i fratelli Taviani mi hanno chiamato per l’energia che esprimevo a teatro; ottenuto il successo, l’energia è andata via.

Appagato?
No, avevo paura di sbagliare, di non risultare abbastanza bello.
Avvolto dall’insicurezza. In maniera folle.

Ha girato di tutto: dal film dei Taviani alla commedia sexy con Carmen Russo.
(Ride) Il film con Carmen Russo è quello che mi ha permesso di guadagnare di più; però non mi sono spogliato, giusto qualche bacio, casto.

E la Russo?
Di una bellezza sconvolgente: entrare in camerino, quando si cambiava, mi suscitava qualche imbarazzo.

L’imbarazzo lo portava sul set?
No, me ne fregavo: pensavo alla paga.

I soldi sono un metro.
Avere successo è riuscire a vivere bene, pagare le bollette, ottenere quello che serve. Così quando mi hanno chiamato per Buona come il pane ho accettato. È il dovere di attore.

Pragmatico.
Ci sono due artisti che amo più degli altri: Fellini e Strehler. Chi sono oggi? Il primo è solo un aggettivo, “felliniano”; il secondo è il nome di un teatro.

Tutto evapora.
Il teatro ancora di più; degli spettacoli di Strehler non ci sono video in grado di trasmettere la reale forza e bellezza.

Come mai ha smesso con il lavoro di attore?
Non avevo più voglia di aspettare.

Si sentiva in difficoltà con i colleghi?
So bene quanto valgo, sia in positivo che in negativo.

Prego.
In positivo: ho una bella faccia, interessante; in negativo: la superficialità; (cambia tono) ho recitato per i grandissimi.

Dicevamo, Gillo Pontecorvo.
(Sorride) Un rompipalle; in una scena finale c’è Gian Maria che doveva solo oscillare la testa per esprimere un “sì” o un “no”. Quel ciak Pontecorvo lo avrà fatto ripetere una quarantina di volte, con Volonté che oramai rideva disperato e tutti gli altri attori addormentati ai bordi del set.

Pignolo.
Per Pontecorvo la scena doveva durare esattamente 36 secondi: 35 era sbagliata.

Pasquale Squitieri?
A parte la polemica politica, era un bastian contrario; quando mi ha chiamato per il suo film,
tutti ad allarmarmi: ‘Attento, caratteraccio: urla, disprezza gli attori’. Mentre con me è stato carinissimo.

Garinei e Giovannini.
Il mio primo lavoro teatrale l’ho ottenuto in uno spettacolo prodotto da loro: a Natale arrivavano con i pacchi doni, e dentro c’erano le meraviglie enogastronomiche. Devo tutto a Garinei, è stato lui a sdoganarmi.

Come?
Prese al Sistina il mio adattamento de La cage aux folles (“Il vizietto”) senza neanche aspettare il debutto, senza neanche vederlo.

Fiducia totale.
Sono arrivato a portare al Sistina tre spettacoli in un solo anno.

Come nasce questa sua seconda vita?
Anche quando ero impegnato da attore, desideravo sempre ballare e cantare. Volevo il musical. Così prendevo lezioni di danza e canto (pausa); con il canto non va bene, sono stonatissimo, tanto che nel primo spettacolo musical ero in playback.

Ha fondato la Compagnia della Rancia.
Grazie ai soldi guadagnati con un film che è andato malissimo, Il ragazzo di Ebalus (1984).

In Italia, per il musical, c’è un prima e un dopo Saverio Marconi.
Siamo stati i primi a portare nel nostro Paese le grandi produzioni statunitensi, tradotte.

Centinaia di migliaia di spettatori.
In alcuni casi anche un paio di milioni; ma il problema, in Italia, è che non riusciamo a stare fermi, non concepiamo la stanzialità come a Londra o New York e adesso pure la Spagna.

Chi è il regista?
Colui che capisce il nocciolo dello spettacolo.

Rispetto agli attori?
Sono cattivissimo.

Senza se…
Gli attori sono coloro che riescono a realizzare il mio spettacolo.
Conta quello.
Solo quello.

Non guarda in faccia a nessuno.
Solo spettacolo. Se capisco che lo spettacolo non c’è, lascio.

È successo spesso?
Due o tre volte.

Caccia pure gli attori?
Se serve.

Ha fatto piangere? (Cambia tono)
Eccome!

Si pente?
Mai. Le reprimende non nascono dalla cattiveria; però gli attori vanno capiti, non li tratto tutti alla stessa maniera: con alcuni va bene urlare, con altri ho maggiore comprensione.

Deve portare la nave in porto.
Controllo tutto: se sbagliano le luci, la fonica, i costumi. Tutto. E devo avvertire l’anima. L’anima è fondamentale.
Il nostro non è un lavoro normale.

Non le manca il palco?
Ho voglia di raccontare, non di dimostrare o di esibirmi.

L’attore che porta nel cuore.
Tanti, ma soprattutto Manuel Frattini (è morto nel 2019, ndr): lui è stato un esempio per tutto e lo ritenevo mio figlio. Io che non ne ho.

Esempio di cosa?
Di voglia, di volontà: all’inizio non era così bravo, lo è diventato con una forza mai vista, tanto da conquistare la vetta del musical. Così l’ho sempre coinvolto.

Gli attori l’hanno ossessionata per ottenere ruoli?
C’è un’attrice che mi ha fatto telefonare da chiunque. Da chiunque. Non l’ho mai presa, solo una volta perché il ruolo era perfetto; (pausa) è un continuo di sollecitazioni.

Quindi non solo Haber è così.
Haber con me è stato scortese: al tempo in cui recitavo, ci incrociamo a cena, mi vede e senza neanche salutare alza il tono in protesta: ‘Ma ora i film li fai solo tu?’. A quel tempo non si perdeva una prima teatrale.

Cosa si rimprovera rispetto alla sua carriera?
‘Rimprovera’ non mi piace.

Perché?
Sono contento, mi sono impegnato al massimo, di più impossibile e in totale libertà.

Senza rinunce.
Alcuna; se mi dicevano ‘niente vacanze, devi girare un film’, rispondevo ‘benissimo’.

Che manie ha?
La mia scrivania è irrimediabilmente disordinata, mentre le medicine, che devo prendere, sono in ordine; poi divento veramente pazzo se lo spettacolo non va come dico io.

De Filippo proibiva le storie d’amore all’interno della compagnia.
Aveva ragione. (Urla)

C’è il però…
Fino a un certo punto: nei miei spettacoli si sono formate tante coppie, alcune poi sono arrivate al matrimonio.

D’istinto ha risposto “aveva ragione”.
Perché è un casino quando litigano in compagnia: magari c’è un scena d’amore e neanche si guardano in faccia.

Come reagisce?
Me la raccontano.
Non se ne accorge?
Vedo poco dei miei spettacoli; non vado neanche alla prima: soffro troppo. All’intervallo mi chiama sempre il mio aiuto e aggiorna

Cosa resterà di lei?
Spero niente. Non sono mica Socrate o Michelangelo. Sarò dimenticato come tutti; (ci pensa) mio nonno ha scritto tre opere, ha composto la musica per l’inaugurazione del Milite Ignoto, ha diretto i funerali della Duse. Eppure di lui è rimasto solo un busto a Tolentino.

Lei chi è?
Difficilissimo; (pausa) adesso sono un vecchietto che non smette di creare.

Vecchietto?
Una volta ho sentito spiegare da Sandra Milo: ‘La vecchiaia è il periodo più bello della vita, perché è l’ultimo. Ed è importante esserne coscienti’. Lo sottoscrivo.

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VIDEOSCATTO: “Buena Vista Social Club” a Broadway

Il musical “Buena Vista Social Club” ha avuto la sua opening night al Gerald Schoenfeld Theatre di Broadway lo scorso 19 marzo e la produzione ha poi rilasciato il trailer video dello spettacolo, che vi mostriamo qui sopra. Il regista Saheem Ali (Fat Ham), così come i coreografi Patricia Delgado e Justin Peck (Illinoise), sono tornati ad occuparsi dello spettacolo dopo aver messo in scena la prima mondiale del musical all’Atlantic Theatre Company di New York.
Ispirato all’omonimo album vincitore del Grammy nel 1997, Buena Vista Social Club si avvale del libretto di Marco Ramirez (The Royale).
Qui nasce il vero sound dell’Avana e una donna scopre la musica che cambierà la sua vita per sempre. Ispirato a eventi reali, Buena Vista Social Club porta in vita l’album vincitore del GRAMMY® Award e racconta la storia delle leggende che l’hanno vissuta. Una band di fama mondiale si unisce a un cast sensazionale di musicisti, attori e ballerini da tutto il mondo, per un’esperienza autentica diversa da qualsiasi cosa si abbia mai visto o sentito prima. Una storia avvincente di grandi sogni, seconde possibilità e legami indistruttibili nel fare musica insieme.

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È morto Richard Chamberlain

È morto all’alba dei 91 anni George Richard Chamberlain. Celebre per il ruolo di protagonista nelle serie televisive «Il dottor Kildare» (1961-1966) e «Uccelli di rovo» (1983), l’attore era nato a Beverly Hills il 31 marzo 1934 e oggi, 30 marzo 2025, se ne è andato.
Già famoso grazie alla serie televisiva «Il dottor Kildare», in cui ha interpretato il protagonista, Richard Chamberlain aveva accresciuto la sua popolarità con «Uccelli di rovo», la storia di un amore proibito, quello tra la giovane Meggie Cleary e il reverendo de Bricassart, ovvero il famigerato padre Ralph (Chamberlain). Trasmesso per la prima volta in Italia su Canale 5 nel 1983 «Uccelli di rovo» ottenne ascolti altissimi, diventando così un vero e proprio cult.
L’attore dagli anni Novanta in poi aveva recitato prevalentemente in film per la televisione e come guest star in serie tv, da «Will & Grace» a «Nip/Tuck». Per quanto riguarda la sua vita privata aveva fatto coming out nel 2003, nella sua autobiografia «Shattered Love»: «Sono riuscito a dire la verità – aveva raccontato nel 2007 a Vanity Fair – solo a 68 anni, quando ormai sullo schermo non potevo più essere un eroe romantico. Sono nato nel 1934. Negli anni ‘40 e ‘50, essere omosessuali in America era molto peggio che essere traditori o assassini. Ho avuto paura. Mi ha fatto cambiare idea il fatto che ormai avevo un’altra età, e meno dubbi su me stesso. Nel momento stesso in cui ho scritto su quelle pagine la parola ‘omosessuale’, mi è sembrato che un angelo mi posasse un’ala sulla testa, liberandomi da ogni paura. Finalmente mi sentivo leggero». (Fonte: corriere.it)
Nle 1976 fi protagonista del film-musical “The Slipper and the Rose: The Story of Cinderella” (La scarpetta e la rosa, titolo italiano) con la regia di Bryan Forbes e le canzoni, nominate all’Oscar, scritte da Richard M. Sherman e Robert B. Sherman.

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A Roma il musical “La maledizione dei Caraibi”

Dal 4 al 6 aprile 2025 al teatro Ghione di Roma andrà in scena il musical “La Maledizione dei Caraibi“.
Caraibi, 1700: i protagonisti di questa storia sono Jack Sparrow, pirata vagabondo, Will Turner, fabbro provetto e Elizabeth Swan, figlia del governatore di Port Royal. I loro destini si uniscono quando Hector Barbossa, capitano spietato della Perla Nera, la nave più veloce dei Caraibi, rapisce Will per un antico legame con il padre di lui. Jack ed Elizabeth si uniranno ad
Angelica, figlia del Pirata Barbanera, partendo per un’avventura che vedrà scoprire segreti e antiche maledizioni che legano Barbossa ai quattro avventurieri. I compagni d’avventura si troveranno ad affrontare il pirata leggendario Davy Jones, il quale ha rinchiuso dentro un forziere il suo cuore, custode di una forza sconosciuta ambita da tutti i pirati dei Caraibi.
Un musical originale, con musiche inedite di Emanuele Stracchi e la regia di Valeria Nardella che trasporta lo spettatore nel mondo della pirateria attraverso atmosfere oniriche e surreali.
Il cast si compone di attori performer professionisti che, ovviamente, per tutta la durata dello spettacolo recitano, ballano e cantano live.
Le scene e i costumi sono realistici e fedeli all’epoca; uno spettacolo, insomma, che intende lasciare lo spettatore senza fiato.

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Jeremy Jordan in un brano dal musical “Floyd Collins”

Il 27 marzo ha debuttato in preview al Lincoln Center Theater di Broadway “Floyd Collins“, un musical con libretto, testi aggiuntivi e regia di Tina Landau e musica e testi di Adam Guettel.
Floyd Collins è basato sulla storia vera di un esploratore di caverne nel Kentucky, nel 1925. Mentre insegue un sogno di fama e fortuna trasformando la Sand Cave in un’attrazione turistica, Floyd Collins stesso diventa l’attrazione quando rimane intrappolato a 200 piedi sotto terra. Solo ma per sporadici contatti con il mondo esterno, incluso suo fratello Homer, Floyd combatte per la sua sanità mentale – e, in definitiva, per la sua vita – mentre i tentativi di salvataggio di cui sopra esplode nel primo vero circo mediatico…
A interpretare Floyd è il beniamino di Broadway Jeremy Jordan che ha dichiarato  “È ambientato nel Kentucky, è così bello e strano e ha così tanti colori diversi che normalmente non si sentono nei musical teatrali“, ha spiegato. “Penso che [Adam Guettel] catturi davvero lo spirito di questo posto, della gente, della confusione, dell’eccitazione e di tutte queste emozioni“.
Con Jordan nel cast  Jason Gotay nei panni di Homer CollinsSean Allan Krill in quelli di H.T. CarmichaelMarc Kudisch nel ruolo di Lee CollinsLizzy McAlpine nel ruolo di Nellie CollinsWade McCollum nel ruolo di Bee DoyleJessica Molaskey come Miss JaneTaylor Trensch nei panni di Skeets MillerCole Vaughan nel ruolo di Jewell Estes oltre a Kevin Bernard, Dwayne Cooper, Jeremy Davis, Charlie Franklin, Kristen Hahn, Happy McPartlin, Kevyn Morrow, Zak Resnick, Justin Showell, Colin Trudell e Clyde Voce.
Nel video più sotto Jeremy Jordan interpreta il brano del musical, che si avvale della direzione musicale di una vecchia conoscenza del pubblico italiano, Ted Sperling, che era stato supervisore musicale per “Dance!” della Compagnia della Rancia.

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Nella sale “Pino”, film- documentario su Pino Daniele

Pino”, il documentario dedicato a Pino Daniele diretto da Francesco Lettieri, prodotto da Grøenlandia, Lucky Red e Tartare Film e distribuito da Lucky Red, in collaborazione con Netflix e Tim Vision, sarà al cinema con un evento speciale solo il 31 marzo, l’1 e il 2 aprile.
Un grande cantautore, un poeta, un grandissimo chitarrista, amato per la semplicità e la sfrontatezza con cui accedeva al suo mondo interiore e per la capacità di raccontarlo agli altri, Pino Daniele è riuscito a fondere la tradizione napoletana con la musica nera creando dei sound completamente nuovi e originali.
Nel documentario Francesco Lettieri conduce dietro la macchina da presa Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, sulle tracce di un Pino ancora non raccontato, servendosi di video mai diffusi di concerti, backstage e sale d’incisione, inediti musicali, foto degli album di famiglia, appunti tratti dal diario e strumenti musicali. Ripercorrendo i luoghi in cui Pino ha vissuto, emergono i sogni, le lotte, le delusioni, i traguardi e il rapporto con la famiglia, gli amici e i colleghi che hanno condiviso tanto con lui.
Pino Daniele è stato un cantautore, una rockstar, un’icona pop, ma anche un compagno di banco, un amico sincero, un marito, un padre, un napoletano certo, ma innamorato della Toscana, di Roma e di Milano. Un concentrato di italianità che però fuggiva gli stereotipi e cercava ossigeno nei musicisti di tutto il mondo. Il documentario cerca di raccontare tutto questo, partendo dalla sua musica, dalle sue canzoni, dai suoi esperimenti, fino ad arrivare a un inedito nascosto. Pino è un’immersione nella vita di Pino, testimoniata in audio dalle voci di chi lo ha amato, ci ha lavorato, suonato, girato il mondo in tour, anche litigato e poi fatto pace. L’architrave narrativa è una linea del presente che vede protagonista Federico Vacalebre, giornalista e critico musicale, che si mette alla ricerca di quello che resta di Pino e si rende conto che forse non se n’è mai andato.
Nel documentario sono presenti le interviste a tanti artisti con cui ha collaborato Pino Daniele, tra cui Rosario Fiorello, Jovanotti, Vasco Rossi, Fiorella Mannoia, Loredana Bertè ma anche James Senese, Rosario Jermano, Tullio De Piscopo, Tony Esposito, star internazionali come Eric Clapton e poi amici di infanzia, parenti e discografici.
Oltre alle interviste e alle voci di chi lo ha accompagnato nella sua vita e nella sua carriera, c’è una selezione dei videoclip ambientati nella Napoli di oggi, perché i protagonisti dei suoi testi camminano ancora per i vicoli di Napoli e le canzoni di Pino sono ancora in grado di raccontarli, di raccontare la Napoli del presente e di quello che diventerà.
Francesco Lettieri, regista napoletano che oltre al cinema vanta innumerevoli collaborazioni con il mondo della musica e un particolare sodalizio con il cantante Liberato, con cui ha codificato un personalissimo immaginario legato a Napoli, innovativo e lontano dagli stereotipi, racconta Pino Daniele anche e soprattutto attraverso la Napoli di oggi girando ex novo i videoclip di alcune sue canzoni e inserendoli all’interno di questo racconto.
Soggetto e sceneggiatura di Federico Vacalebre e Francesco Lettieri, fotografia di Salvatore Landi, scenografia di Marcella Mosca, montaggio di Mauro Rodella e costumi a cura di Antonella Mignogna.
Il progetto vanta la collaborazione con la Fondazione Pino Daniele Ets che ha riconosciuto al documentario il sigillo “70/10 Anniversary”, un marchio distintivo assegnato esclusivamente a eventi, progetti e manifestazioni che, oltre a rendere omaggio alla memoria di Pino Daniele, rappresentano un valore significativo e un contributo rilevante alla sua eredità musicale e culturale, in occasione dei 10 anni dalla sua scomparsa e dei 70 anni dalla sua nascita.

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