Chiara Alivernini, che ringraziamo, ci ha fatto avere questa sua bella intervista a Wayne Kirpatrick, uno degli autori del musical “Something Rotten” che, dopo il successo di Broadawy, dovrebbe essere messo in scena a Birmingham il prossimo ottobre.
Chiara Alivernini è performer di musical diplomata al corso di Alta Formazione in musical theatre della Regione Lazio con Sala Umberto/Brancaccio. Autrice, recentemente vincitrice del Comic Off e del Premio Edoardo Erba. Collabora spesso con web tv e web magazines.
Le opere di William Shakespeare hanno da sempre ispirato non solo il teatro tradizionale, ma anche il cinema e molti altri generi, non ultimo il musical. Da West Side Story (ispirato a Romeo e Giulietta) a Kiss me Kate (ispirato a La Bisbetica Domata), e, per restare in Italia, Dance! della Compagnia della Rancia (ispirato a Molto rumore per nulla). Fra di essi, un vero “gioiellino” è Something Rotten: si tratta di una musical-comedy con libretto di John O’Farrell e Karey Kirkpatrick e musiche e testi di Karey e Wayne Kirkpatrick. Ambientato nel 1595, ci racconta una vicenda parallela alla vita di Shakespeare. Ma, a differenza di altre opere, in un panorama mondiale in cui la novità soccombe al revival, e che scarseggia di nuove edizioni, a favore di più “sicuri” (e commerciali) adattamenti di film, libri e persino fumetti… ecco, a dispetto di tutto ciò, questa di Something Rotten è una storia del tutto nuova, e decisamente… geniale. Ce la racconta uno dei suoi autori, Wayne Kirkpatrick.
Le donne in epoca shakespeariana, ovvero nei tempi elisabettiani, avevano ben poco spazio: ci si aspettava che si sposassero e obbedissero ai loro mariti, e gli stessi matrimoni venivano organizzati e gestiti come un business. E, parimenti, alle donne era precluso il teatro. In Something Rotten c’è un personaggio particolare, una donna che “va a caccia” e che lavora –travestita da uomo – per dar un pasto ai “suoi uomini”.
L’idea del ruolo femminile di Bea Bottom è stato quello di creare la prima femminista dell’era rinascimentale in Inghilterra. Volevamo avere un personaggio femminile forte ed indipendente nel nostro spettacolo, e così abbiamo sviluppato Bea affinché fosse una vera partner del marito, Nick Bottom, anziché soltanto una moglie asservita a lui. La canzone, Right Hand Man, è stata scritta per esprimere il suo desiderio di essere trattata come “uguale” non solo a casa propria ma nella società.
Gli storici hanno scoperto che Shakespeare non fu solo scrittore, ma aveva molte altre abilità: sembra che scrivesse addirittura musica, e che i sonetti potessero essere le parole di ipotetiche canzoni. E dunque… Shakespeare e il musical. In Something Rotten c’è un brano specifico che ne parla, giusto?
Indubbiamente la scrittura di Shakespeare ha una certa “qualità musicale”. Ma in Something Rotten sono i nostri protagonisti, Nick e Nigel Bottom, che “inventano” realmente il genere (format) musical in quella che è la nostra storia. La nostra canzone “A Musical” è il nostro modo di prendere in giro il genere, ma allo stesso tempo di mostrare quanto sia grande. Scrivere un musical è qualcosa di realmente rivoluzionario per i nostri protagonisti e decisamente precorre i tempi. Anche se poi il musical che scrivono è brutto, è pur sempre un’ idea originale, che Shakespeare non aveva avuto.
Durante l’epoca Shakespeariana, attori e poeti (e si pensa anche lo stesso Shakespeare) erano soliti esibirsi dal vivo nei cortili o negli spazi aperti; in questo senso, voi avete scelto di mettere il vostro Shakespeare in scena come se fosse una rock star, circondata dal popolo come da un gruppo di “groupies” adoranti. Come mai questa idea? È stata solo esigenza di “performance” o c’era l’intento di mostrare oggi quella che potrebbe essere la reazione del pubblico, ai tempi, di fronte al vero Shakespeare?
Abbiamo cercato di immaginare Shakespeare come la celebrità del giorno. (Nella realtà non lo deve essere stato decisamente). Ma, se lo fosse stato, non sarebbe stato un po’ come se guardassimo il Rinascimento attraverso le lenti del mondo moderno? Abbiamo deciso che, se Shakespeare fu famoso per le sue abilità di scrivere ed intrattenere, sarebbe stato un po’ come se fosse una rock star per gli standard di oggi. E dunque, esibendosi, avrebbe naturalmente interpretato le sue “greatest hits”. Quindi, la canzone “Will Power” è stato un modo di presentare tutto questo e riderci su, mettendo in musica alcuni dei suoi versi più famosi.
Ai tempi di Shakespeare, di solito gli attori si recavano nelle taverne per bere e divertirsi. Voi avete scelto di mettere invece in scena una sorta di “party privato per Vip”: è stata una semplice idea di regia per la messa in scena o era una scelta di copione?
È stata una idea autorale. Il Backstage, il “meet and greet” VIP (ndt “incontrare/salutare”) sono parti dell’esperienza di andare ad un concerto rock, e così abbiamo continuato col tema della rock star che ha un after party, e questo è il contesto ed il modo con cui Nigel Bottom riesce ad approcciare ed incontrare il suo idolo, Shakespeare.
Shakespeare: il Bardo, il più grande Poeta di tutti i tempi. Ed ovunque ci sia qualcosa scritto da Shakespeare in scena, c’è sempre un pubblico a vederlo. In un certo senso, Shakespeare è “commerciale”. È questa l’idea che volevate comunicare, esasperandola e rendendola comica?
Sì. Lui è ritratto come uno scrittore e performer commercialmente pieno di successo con tutti gli orpelli che derivano dalla sua fama e fortuna. Nel frattempo, i fratelli Bottom lottano alla ricerca della loro occasione. E Nick Bottom non pensa che Shakespeare sia realmente bravo e che meriti il successo che ha, il che è anche più frustrante per Nick.
Come è nata l’idea di collegare Shakespeare e Nostradamus?
Avevamo bisogno di un indovino che guardasse attraverso il futuro e scoprisse quale fosse la più grande opera di Shakespeare così che i fratelli Bottom potessero scriverla prima che lo facesse Shakespeare stesso. Nostradamus è un veggente molto conosciuto, e così abbiamo pensato che sarebbe stato divertente farlo diventare un personaggio. Ma, storicamente, Nostradamus non era vivo in quel periodo. Inoltre, avevamo bisogno di un indovino che non fosse molto accurato, per intenti comici di scrittura. E così, abbiamo pensato che sarebbe stato anche più divertente che non si trattasse del Nostradamus per eccellenza, ma piuttosto di suo nipote, Thomas Nostradamus, che non era così bravo come lo stimato Zio.
C’è una teoria secondo la quale Shakespeare fosse soltanto uno che “copiava” altri autori; addirittura, secondo altre teorie, sembra che Shakespeare fosse solo lo pseudonimo per un gruppo di autori. Con questa vostra opera volevate giocare con tutte queste teorie?
È vero. Abbiamo esplorato tutte le varie teorie, i suoi affari con la Dark Lady, la possibilità che potesse essere gay e la teoria che fosse un plagiatore. La teoria del plagio è quella su cui abbiamo puntato per la nostra storia dove raccontiamo che Shakespeare rubò Hamlet a Nigel Bottom e la firmò come se fosse sua.
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