E’ morto Stanley Donen, re dei musical di Hollywood

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Scritto da: Redazione • 23 Febbraio 2019
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Addio al regista cinematografico e coreografo statunitense Stanley Donen, leggendario re delle commedie musicali di Hollywood, quasi sempre collaborando con il ballerino, coreografo e regista Gene Kelly. Con lui ha diretto “Un giorno a New York” (1949) e “Cantando sotto la pioggia” (1952). Donen ha poi diretto da solo diversi musical, tra cui “Sette spose per sette fratelli” (1954), “Cenerentola a Parigi” (1957), “Il boxeur e la ballerina” (1978); ma anche commedie brillanti e sofisticate, come “Sciarada” (1964) e “Quel giorno a Rio” (1984), commedie psicologiche come “Quei due” (1969) e fantascientifiche come “Saturn 3” (1980). Nel 1998 ha ricevuto il premio Oscar alla carriera. L’annuncio della scomparsa di Stanley Donen, avvenuta oggi all’età di 94 anni, è stata data dalla famiglia al “Chicago Tribune”. Su Twitter il critico cinematografico del “Chicago Tribune”, Michael Phillips, ha detto di aver ricevuto conferma da un figlio del regista della morte del padre. Steve Donen è stato “un enorme talento spesso trascurato”, ha commentato Phillips. Erede della grande stagione classica del musical, Donen è stato innovatore e custode del genere, creando sequenze e ‘numeri’ di grande virtuosismo tecnico. Nato a Columbia (South Carolina) il 13 aprile 1924, dopo aver studiato danza classica al Town Theater di Columbia, nel 1940 Donen debuttò come ballerino a Broadway, nel musical “Pal Joey”. In quell’occasione conobbe Gene Kelly, con il quale avviò una solida amicizia e una lunga collaborazione professionale. Nel 1943 fu chiamato da Arthur Freed alla Metro Goldwyn Mayer come assistente di Charles Walters per le coreografie di “Best foot forward” di Edward Buzzell, nel quale ricoprì anche un piccolo ruolo. L’attività alla MGM proseguì fino al 1949, permettendo a Donen di firmare le coreografie di “Holiday in Mexico” (1946) di George Sidney, “No leave, no love” (1946) di Charles Martin, “This time for keeps” (1947) di Richard Thorpe, le sequenze danzate di “Living in a big way” (1947) di Gregory La Cava, e di scrivere, con Gene Kelly, il soggetto di “Facciamo il tifo insieme” (1949) di Busby Berkeley, del quale curò, con Kelly, anche le coreografie. Nel 1949 Donen esordì come regista, in coppia con Kelly, con il film “Un giorno a New York”, un musical che, in modo radicale, sposta l’azione dagli studi alle strade, per una spericolata scorribanda piena di energia vitale e di acuti richiami al cinema muto, rilevabili, per esempio, negli inseguimenti in stile Keystone. Nel successivo film “Sua Altezza si sposa” (1951) Donen non curò le coreografie, firmate da Nick Castle, ma potè avvalersi di Fred Astaire. Alcuni numeri notevoli (“Dancing on the ceiling”, celebre danza di Fred Astaire lungo le pareti, “I left my hat in Haiti”, dai colori sgargianti) fanno di questo film un ponte tra la tradizione più alta, rinnovata nella forma dallo stesso Astaire, e l’innovazione più fertile. Della nuova maniera di concepire un musical Donen è stato, con Vincente Minnelli, l’artefice più incisivo, in particolare con il suo film più celebrato, “Singin’ in the rain” (1952; “Cantando sotto la pioggia”). Co-diretto con Kelly, si pone tra i vertici di un genere che, grazie a Donen e a Kelly (e poi a Minnelli), mutò la funzione delle componenti danzate e musicali, mettendole in stretto legame con la tessitura narrativa. Film sul cinema, argutamente rivisitato nel periodo di passaggio dal muto al sonoro, “Singin’ in the rain” rivela la cifra espressiva più propria di Donen che risiede nell’aver immesso uno stile classico dentro un nuovo modo di sentire. Nel periodo in cui Donen si cimentò con il musical, segnato, tra gli altri, anche da film celebri come “Sette spose per sette fratelli” (1954), evocazione del mito classico del ratto delle Sabine, e da “Cenerentola a Parigi” (1957), magico incontro tra l’eleganza di Fred Astaire e la grazia di Audrey Hepburn, raggiunse l’apice con il toccante “È sempre bel tempo” (1955). Privo dello spensierato ottimismo di “Singin’ in the rain” (evocato esplicitamente da Kelly in uno strabiliante numero sui pattini a rotelle), risulta pervaso da un’intensa vena malinconica. La stessa vena che Donen rivela anche in commedie di impianto teatrale, tutte peraltro ricche di sagaci dialoghi, come “Indiscreto” (1958), “L’erba del vicino è sempre più verde” (1960), nella stravagante ripresa del mito faustiano in “Il mio amico il diavolo” (1967) e nel virtuosistico e caustico gioco di attori in “Quei due” (1969), gara di bravura fra Rex Harrison e Richard Burton, e nello struggente “Due per la strada” (1966) con Audrey Hepburn e Albert Finney. Donen ha diretto due ‘gialli-rosa’ avvincenti nella loro complicazione narrativa quali “Sciarada” (1964) e “Arabesque” (1966). Il regista ha confezionato anche un affettuoso ritratto del cinema e del musical con “Il boxeur e la ballerina” (1978), rivisitazione di modi, personaggi e ambienti della Hollywood della stagione d’oro, attraversata da profondi umori nostalgici. (Fonte: rainews.it)

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