È morto a 76 anni Giorgio Ferrara, regista e fratello maggiore del giornalista Giuliano. Nella sua carriera – iniziata come aiuto di Luca Ronconi – ha lavorato con Andrea Giordana, Franco Citti, Gato Barbieri. E con Adriana Asti, divenuta sua moglie nel 1982 compagna e musa di una vita. Ha diretto opere di Carlo Bernari, Luigi Pirandello, August Strindberg, Carlo Goldoni, Enzo Siciliano, Franca Valeri, Natalia Ginzburg, Cesare Musatti e Corrado Augias. Le esequie si terranno sabato 20 maggio, alle ore 12.30, presso il teatro Argentina.
Nato a Roma, cresciuto a Mosca – il padre Maurizio negli anni 50 era corrispondente dell’Unità dall’Unione Sovietica – da tempo viveva a Venezia insieme alla moglie. “Fu la mia nonna materna a dirmi che dovevo fare l’attore, e io seguii il consiglio, mi iscrissi all’Accademia”, raccontava Ferrara in una intervista a Repubblica “e al primo corso di recitazione e regia c’era come docente Ronconi che alla fine dell’anno mi invitò a lavorare con lui. Io lasciai l’Accademia per fare l’aiuto regista accanto a Luca e m’adoperai in particine nel Riccardo III con Vittorio Gassman, e in Misura per misura con Massimo Girotti“. Poi l’esperienza dell’Orlando furioso del ’69. “È il primo contatto con Spoleto, dove debuttammo, e per la tournée a New York riesco a far scritturare mio fratello Giuliano che, gridando, spingeva i carrelli di scena”. Nella messa in scena di Spoleto, nel cast c’era Mariangela Melato, in quella d’oltreoceano, invece, Adriana Asti, con la quale nasce una storia d’amore e artistica. “Adriana vuol dire Visconti, cui i miei genitori erano già legati da amicizia, e a Visconti faccio da aiuto regista per il film Ludwig, seguendolo nella messinscena di Old Times di Pinter con Adriana. Da lì in avanti faccio ufficialmente il regista e l’attore con Adriana, nei ruoli di marito o amante, giro film, creo una compagnia di prosa per diversi spettacoli tra cui Santa Giovanna di Shaw in cui lei è diretta da Ronconi”.
Per il cinema Ferrara ha diretto, tra l’altro, Un cuore semplice, vincendo il premio speciale ai David di Donatello 1977 e il Nastro d’argento come miglior regista esordiente. Nel 1984 aveva diretto il documentario L’addio a Enrico Berlinguer, per ricordare il segretario del Pci scomparso quell’anno. Nella sua carriera ha curato anche la regia di opere liriche, con l’Orchestra sinfonica Giuseppe Verdi di Milano.
Negli ultimi anni si era poi intensificatala la sua attività di direttore artistico. Dal 2003 al 2007 ha guidato l’Istituto Italiano di Cultura di Parigi e dal 2007 al 2020 il Festival dei due mondi di Spoleto. In quest’ultima stagione aveva accettato di far parte lui stesso del cast dello spettacolo Testimone d’accusa, tratto da una pièce di Agatha Christie, sostituito poi dal regista Geppy Gleijeses. Nel 2021 era stato nominato direttore artistico dello Stabile del Veneto, ruolo da cui si era dimesso ad aprile scorso.
In una intervista rilasciata per i suoi settant’anni aveva raccontato la sua infanzia con i leader del Pci. Di Togliatti aveva detto: “Mi impressionava per la sua eleganza. E per la condiscendenza che aveva con noi bambini, era bravissimo a raccontare le favole. Non poteva avere le mani sporche di sangue come diceva qualcuno”. (Fonte: rtepubblica.it)
Nel 1979 diresse per la televisione la miniserie-musical “Addavenì quel giorno e quella sera“, con le musiche di Antonello Venditti e l’interpretazione di Adriana Asti, Ninetto Davoli, Franco Citti, Franco Interlenghi e Claudio Villa.
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