Se ne va nel giorno delle Stelle Cadenti, Antonella Lualdi, riservata signora del cinema italiano che tra gli anni ’50 e ’60 rivaleggiava in popolarità con Loren e Lollobrigida.
Ma il carattere e la storia sono diversi e non è forse un caso che oggi la notizia della sua scomparsa abbia più risalto in Francia che non da noi.
Antonella Lualdi (al secolo Antonietta De Pascale) nasce a Beirut il 6 luglio 1931 per puro caso: il padre, ingegnere civile, è in trasferta per la costruzione di un ponte, ha sposato una donna greca, porterà la famiglia dal Libano ad Aleppo per rientrare stabilmente in Italia solo alla fine della guerra mondiale. Qui la ragazza, fa le sue prime prove in teatro, ma qualche foto circola sui rotocalchi e la rivista Hollywood nel 1949 lancia un concorso per trovarle il nome d’arte che conserverà per tutta la carriera.
Arriva a Cinecittà quello stesso anno sul set del Principe delle volpi dove Orson Welles fa il bello e il cattivo tempo, ma è Mario Mattoli a farne una protagonista con il lacrimoso Signorinella, girato dal vero secondo le regole del neorealismo, ma garantito da un cast di veterani del cinema e del teatro. In un lampo quella diciottenne schiva e timorosa si ritrova al centro dell’attenzione e l’anno dopo, con Canzoni per le strade di Mario Landi, diventa icona dello spettacolo popolare.
Il suo partner è infatti Luciano Tajoli (cantante di successo, da sempre innamorato del grande schermo) e il film viene ricordato come esemplare del neorealismo d’appendice, votato a storie realistiche, infarcite di melodramma, con motivi orecchiabili che tutti cantano. Per Antonella però, quel set ha un risvolto privato molto più importante: conosce Franco Interlenghi, il protagonista di Sciuscià, che sarà l’uomo della sua vita e la sposerà nel 1955.
Tra passione e tempeste la coppia resterà unita fino alla morte di lui (nel 2015), legata anche da due figli, Antonellina e Stella. Quando scriverà la sua autobiografia nel 2018 comincerà così: “Io dirò sempre un grande ‘grazie alla scrittura di questo libro: il riandare con la memoria alla storia mia e di Franco in tutti i suoi aspetti è stata per me una vera catarsi. Mi ha alleggerita dall’oppressione in cui sono precipitata dopo la scomparsa di mio marito”.
Ma torniamo agli anni ’50: quando il cinema popolare del periodo è stato rivalutato anche dalla critica, al consenso del pubblico per Antonella Lualdi si è unito quello della critica e titoli come Signorinella, È più facile che un cammello…, È arrivato l’accordatore, La cieca di Sorrento, Solo per te Lucia, Canzoni, canzoni, canzoni scandiscono un decennio per lei ricco di soddisfazioni. Diventa amica di Totò e Fellini (che ha scelto Interlenghi per I vitelloni), forgia il carattere d’attrice, frequenta i caffè dei letterati e degli artisti.
In realtà cerca una diversa dimensione e trova conferma in autori di maggior spessore. Lattuada la vuole ne Il cappotto, Rossellini in Amori di mezzo secolo, Lizzani in Cronache di poveri amanti. Fa spesso coppia con Interlenghi da Padri e figli di Mario Monicelli a Gli innamorati e Giovani mariti di Mauro Bolognini (per lei un vero pigmalione).
Sarà lui infatti ne La notte brava (1959) a cambiare il personaggio di Antonella facendone una prostituta indurita dalla vita, ma determinata a vivere nonostante tutto. Intanto la giovane diva ha fatto le sue prove anche all’estero con Christian Jacque, Yves Allegret e Errol Flynn (l’incompiuto Guglielmo Tell) ed è Claude Chabrol a schiuderle le porte del giovane cinema francese con il bellissimo A doppia mandata nel ’59. Se l’anno dopo è al festival di Venezia con I delfini di Francesco Maselli, a Parigi è ormai di casa e vi tornerà spesso, amata da Claude Sautet (Tre amici, le mogli…e affettuosamente le altre) e poi popolarissima dal ’92 fino al 2007 per la serie tv Il commissario Cordier. Per tutti gli anni ’60 in Italia passa da un set all’altro con Vittorio Cottafavi (I cento cavalieri), Franco Brusati (Il disordine), Ettore Scola (Se permettete parliamo di donne), Giovanni Grimaldi (Un caso di coscienza, 1969).
Non smetterà di risarcire con la sua celebrità il cinema più popolare ma guarda ormai altrove, diradando le apparizioni al cinema. Frequenta la redazione del settimanale Sorrisi e Canzoni e, nello stesso stabile, scopre la casa discografica CAM per cui incide una canzone arrangiata da Stelvio Cipriani che diventerà suo grande amico. La passione per la musica non la lascerà più con una fitta discografia che va di pari passo con qualche film scelto per passione o amicizia come Una spina nel cuore di Lattuada o La bella società di Gian Paolo Cugno, ultima sua apparizione nel 2009.
Farà rumore il suo servizio senza veli per Playboy nel 1979, ma di fatto si distacca progressivamente dallo spettacolo, dedicandosi al marito e alle figlie: con Antonellina e la nipote Beatrice Sanjust di Teulada inciderà anche un disco nel 2019. Più tempestosi invece i rapporti con l’altra nipote, Virginia, che aveva portato la nonna, nel 2020, a sporgere denuncia in questura dopo una drammatica lite in casa. Tutto ciò ora si stempera nel ricordo di Antonella Lualdi reginetta del cinema italiano: donna spiritosa e dinamica, curiosa e mai prigioniera del passato, attrice sensibile e in anticipo sul suo tempo. Dallo schermo ti guarda fisso e nei suoi occhi scorrono le immagini di un’Italia che si scopre – dopo le macerie della guerra – al centro di una nuova stagione, ricca di promesse, temprata dal dolore, aperta a “molti sogni per le strade”.
Tra i suoi film più importanti della carriera Cronache di poveri amanti di Carlo Lizzani dal romanzo di Pratolini, accanto a Marcello Mastroianni, Gabriele Tinti, Anna Maria Ferrero con cui nel 1954 andrà anche al Festival di Cannes. Con Interlenghi, che aveva fatto con successo I vitelloni di Federico Fellini, recita insieme in vari film di metà anni ’50 come Il più comico spettacolo del mondo (1953) di Mario Mattoli, Gli innamorati (1955) di Mauro Bolognini, Padri e figli (1957) di Mario Monicelli e Giovani mariti (1958) di Mauro Bolognini. Senza il marito lavora in A Parigi in vacanza (1957) di Georges Lacombe, Il colore della pelle (1959) di Michel Gast, I delfini (1960) di Francesco Maselli, Appuntamento a Ischia (1960) di Mario Mattoli, Il disordine (1962) di Franco Brusati, Gli imbroglioni (1963) di Lucio Fulci, Se permettete parliamo di donne di Ettore Scola (1964), accanto a Gassman, La colonna di Traiano (1969) di Mircea Dragan e Un caso di coscienza (1969) di Giovanni Grimaldi.
Affascinante, sorridente, Lualdi riempie anche le copertine dell’epoca, come Lucia Bosè o la Lollo. Negli anni ’70, tra film meno importanti, appare sexy sull’edizione italiana di Playboy nel giugno 1979. Ha anche una esperienza come cantante incidendo il 45 giri Il sogno, con arrangiamenti e direzione d’orchestra di Stelvio Cipriani. Negli anni ’82 torna ad essere diretta da Lattuada in Una spina nel cuore, e nel ’92 è in Per amore o per amicizia di Paolo Poeti. Recita negli anni ’90 e poi fino al 2007 nella serie francese Il commissario Cordier.
L’ultimo film è La bella società, regia di Gian Paolo Cugno (2009). Nel 2018 ha pubblicato la sua autobiografia, intitolata Io Antonella amata da Franco. (Fonte: ANSA)
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