A tu per tu con “Zorro” Michel Altieri

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Scritto da: Redazione • 17 Ottobre 2012
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E’ con noi oggi Michel Altieri fresco di debutto al Sistina di Roma nei panni del mitico eroe mascherato nel musical “W Zorro” di Stefano D’Orazio su musiche di Roby Facchinetti, con regia e coreografie di Fabrizio Angelini in collaborazione con Gianfranco Vergoni (poi in tour in tutt’Italia). Michel torna a calcare i palcoscenici italiani dopo alcuni anni in cui ha lavorato nei teatri di New York, subito dopo essere stato protagonista della versione italiana dello show Disney “La Bella e la Bestia” prodotto da Stage Entertainment Italia.

 

Perché la scelta di trasferirti a New York proprio dopo un così grande successo di pubblico in Italia?

La bestia e’ stato il ruolo della mia maturità. Avevo messo tutto me stesso a servizio del personaggio e dello show, con dei risultati davvero emozionanti. Ma anche un’esperienza durissima e non sempre felice dietro le quinte. Ho molta stima per la Stage Entertainment, meno per qualcuno che ne faceva parte. Ero stanco e cercavo rispetto per professionalità ed esperienza.  Avevo saputo di audizioni interessanti a New York: cosi sono partito con mia moglie. Arrivai in finale per “Women on the Verge of a Nervous Breakdown” (versione musical di "Donne sull’orlo di una crisi nervi" n.d.r.) ma presero Justin Guarini. Il legendario casting director Berry Moss mi ha notato e preso per "Dracula". Da lì è cambiata la mia vita, sono diventato membro di Actors’ Equity, ho trovato un agente come avevo sempre sognato in Italia e ora mi ammazzo di audizioni, circa quattro a settimana. Impari a vivere, impari quanto gli artisti vengano rispettati a New York, quanto nella comunità di performers di Broadway non esista invidia perché non c’è tempo, bisogna studiare per l’audizione sucessiva, e tanto prenderanno sempre il migliore, di che lamentarsi?

Dopo tre spettacoli a New York, Dracula appunto, "The Waterdream" con Anthony Rapp e "The Beautiful Beautiful Sea Next Door", sono tornato nel mio paese per 6 mesi, cambiato: ho solo un grande senso di gratitudine e di gioia per questo lavoro.

 

Ci racconti un po’ della tua storia personale?

Ho passato un’infanzia non facile, ma che era rafforzata dal mio sogno, dalla mia voglia di abbracciare la gente. Ho scelto di fare questo mestiere non per esibizionismo ma per condividere la dimensione vera dell’essere umano che è nell’aria, nella musica, e non nell’universo fisico…forse per coraggio. Sono andato via di casa a 19 anni e ho fatto da me. Ho sempre pensato che l’attore debba conoscere il mondo e la gente. Se non  capisci gli altri, gli altri non ti crederanno mai. Sono cresciuto a Milano ma per pagarmi gli studi e l’affitto  lavoravo come preformer nei club di tendenza in giro per l’Italia mentre di giorno studiavo i classici. Avevo creato un gruppo di tableaux vivant, The Trendiest Attitude, cantavo su musica elettronica con i miei ballerini e il costumista della Scala, Piero Ripa, creava gli abiti. Portavamo la teatralità nelle roccaforti dell’avanguardia musicale. Cercavo la modernità, volevo sapere di Pirandello e David Bowie.

 

Michel Altieri a 21 anni (al centro) con il suo gruppo Trendiest Attitude

 

Volevo sapere del passato per vedere il futuro. Mi mantenevo gli studi cosi…Emiliana Perina è stata la mia prima grande insegnante di canto, mi ha creato la base di tecnica cui poi si sono aggiunti tanti stili e sperimentazioni. Se ascolti soul per una setttimana, il tuo gusto cambia, il primo suono che emetti sara’ influenzato da cio’ che hai incamerato. Per questo ascolto o-g-n-i tipo di musica, voglio entrare nella testa che non è la mia. Capire prima di voler essere capito. E la mia voce è uno strumento che si trasforma continuamente. Mi diplomai alla scuola internazionale di Teatro con il drammaturgo giapponese Kuniaki Ida, poi la borsa di studio allo Strasberg Institute di New York con Anna Strasberg e Dennis Hopper, e tante tante audizioni….

Nel 2000 Luciano Pavarotti mi scelse per "Rent", prodotto dalla moglie  Nicoletta Mantovani. Lei mi confessò che la scelta era stata del maestro e che avevano fatto una scommessa: secondo lui ero il cavallo su cui puntare. Mi fece delle lezioni private…credeva in me e il secondo anno infatti mi venne affidato da “titolare” il ruolo di Collins. Poi arrivò l’incontro con Tato Russo, il mio padre artistico a tutti gli effetti, da li’…"I Promessi Sposi"…"Dorian Gray"..7 anni indimenticabili in cui mi insegnò la dura disciplina del teatro, a dare, dare, dare. Questi di Tato , insieme a Rent e La Bella e la Bestia restano gli spettacoli più belli che abbia fatto in Italia. Poi New York mi ha abbracciato e cambiato. Sono entrato nella comunità di Broadway al fianco di George Hearn…ma rappresento il mio paese, non sono certo li’ a fare l’americano,! La nostra tradizione teatrale ha duemila anni. Noi siamo latini, ma attenzione, leggiamo le passioni in modo diverso dagli spagnoli. Gli americani che amano la nostra espressività e il nostro senso della misura. L’Italiano cerca “il bello” in tutto. Ha il senso del bello. Ma solo se parte dal pensiero. Quando ho debuttato a New York con Dracula mi ha chiamato Nicoletta dicendomi che Luciano aveva vinto la scommessa…

 

con George Hearn Dracula NYC2011

 

Una bella soddisfazione, indubbiamente. Emozionato nell’affrontare il ruolo di Zorro, un personaggio che è ricordato in interpretazioni cinematografiche di grandi attori, da Tyrone Power fino al più recente Antonio Banderas?

Certamente, ma mi emozionano prima di tutto le parole che devo cantare ogni sera. Sembra che tutto che mi legga dentro, ciò che ho passato e il senso di gratitudine che sento ogni volta che la vita mi dà la forza di sorridere. C’è un verso che amo: ”Ho sentito all’improvviso sangue e cuore cancellare la paura dentro me. Come se il coraggio fosse pioggia e tra mille gocce avesse scelto me”. Proprio così: è il coraggio a sceglierti.

 

Una foto di scena da Zorro  (by Federico Riva): Alberta Izzo e Michel Altieri

                                                            Foto di Federico Riva

 

E’ uno spettacolo per i bambini o adatto anche a un pubblico più vasto?

E’ per tutti, assolutamente. Il mio obiettivo è vedere che la gente esce dal teatro col sorriso e guardando il cielo. Credo che la forza di W Zorro stia nel ritmo, cosi come Angelini e Vergoni lo hanno concepito. Avrei voluto fare una trentina di anteprime come avviene negli States, è il modo migliore per poi presentare al pubblico uno spettacolo rodato , ma non importa, ci siamo buttati partendo dal Sistina e ora ci aspetta tutta l’Italia.

  

Sono impegnative le canzoni del musical?

Il trio Facchinetti-Lori-Casale hanno voluto sfruttare la mia tessitura da bari-tenore completamente. Sia io che Alberta Izzo (protagonista femminile, n.d.r.) usiamo tutto ciò che abbiamo… salti di ottava, “colori cangianti”… Mi resterà per sempre l’immagine di Facchinetti che in studio mi salta addosso dalla gioia, Giovanni Maria Lori il nostro “dato stabile” che lavorava notte e giorno, e Rossana che ci ha spinti oltre le paure, oltre il muro a servizio della musica. La cosa più impegnativa è senza dubbio cantare mentre piangi, oppure mentre combatti di scherma. Credo che i momenti più emozionanti dello spettacolo, vocalmente, siano “La Maschera" che è la canzone in cui Diego/Zorro scopre di essere un uomo, e il Quartetto  in cui sono in concertato con Alberta, Roberto Rossetti e Jacqueline Ferry. Dei veri mostri.

 

Con quali criteri e’ stato scelto il cast?

Durante le audizioni io mi trovavo ancora a  New York, ma ho seguito tutto. Ero emozionato perché stavano creando la mia famiglia, capite… Tutti sanno quanto io sia sempre insieme all’ensamble, quanto mi piaccia stare nel cuore del gruppo, proteggere i più piccoli e imparare da loro. Angelini insieme alla produzione Medina ha selezionato talenti in base alla forza espressiva, in tutte le discipline ma soprattutto ha cercato di intuire la personalitaà degli artisti e combinarla, perché qui si deve convivere 6 mesi. Risultato: un gruppo unitissimo, senza “maestrini”, senza star. -A parte Emiliano Palmieri che apre lo spettacolo ed e’ la nostra star in assoluto!-

Le nostre strade si sono incontrate non a caso. Abbiamo sofferto e lottato per esser dove siamo e ci siamo tutti messi a nudo, buttati verso nuovi studi perché in questo spettacolo abbiamo tutti dovuto imparare molte discipline da zero.  Ho passato ore a osservare il corpo di ballo in difficoltà quando è dovuto passare alla prova costumi ed era quasi impossibile restituire le difficili coreografie di flamenco che erano state impostate. Ho osservato la loro determinazione, il loro cuore, che mi hanno commosso. Ora ci divertiamo, abbiamo i nostri after in camera mia, Lady Gaga a tutto volume nei camerini, i nostri tormentoni – continuamo a dire “oshhh”, che sta per “osceno” qualsiasi cosa facciamo sul palco-. Ma tutto mantenendo il massimo della professionalità. Io mi concentro cosi’, col buon umore e col gruppo. Se sei felice, puoi essere tutto in scena.

 

E dal punto di vista delle coreografie e dei “duelli” hai qualche aneddoto da raccontarci?

Tante tantissime prove….Flamenco, mambo, scherma, recitazione, regia, canto….ogni tanto sembrava mancasse solo l’ora di geografia! Vergoni ti guarda, ti studia e poi ti prende per mano. Fabrizio Angelini è riuscito a mettere insieme tutto e ne aveva sempre il controllo. Quanto darei per stare anche solo 10 minuti nella sua testa. La domanda più ricorrente e’: “ma come fa?!” E’ alla sua 22esima regia, uno che per il musical italiano ha fatto davvero tanto. Lui però non scherza, ama i performer ‘causa’, non ‘effetto’, e se uno si lagna parte il suo proverbiale: “organizzati!”.

Stefano Pantano invece è il campione mondiale nostro maestro di scherma. Il suo è un metodo di insegnamento sportivo, per cui molto asciutto. Ci ha trasmesso misura e tecnica, ma non credo di aver mai sudato così tanto. Una volta durante le prove di un duello con Rossetti, poiché entrambi noti per via del temperamento, ci dice; “ Oh ma che state a ffa’ er gladiatore?”

 

Lezioni di scherma

 

Cosa cambieresti del Musical Italiano?

Quel maledetto rischio di trovarsi in produzioni genere “tarallucci e vino” dove fanno saltare le date e non ti pagano. La gente non lo sa, ma i miei colleghi dall”Italia me ne raccontano tante! Ora il governo ha persino tagliato il sussidio per la disoccupazione agli attori, veri precari a vita. E poi quelle produzioni che sbandierano “l’eccellenza di Broadway” e che sbigliettano a caro prezzo, perché non pagano gli artisti come a Broadway?  Un ballerino mediamente viaggia su stipendi da fame qui in Italia e se si fa male non gli pagano nemmeno la pomata. Non c’e protezione. Ci vorrebbe un vero sindacato.

 

Domanda immancabile: c’è un ruolo in un musical già rappresentato all’estero che più di ogni altro vorresti interpretare?

"Sunday in the park with George" di Sondheim. Oppure "Company"… Il mio sogno è portarmi Simona Patitucci a New York: è uno dei piu; grandi talenti d’esportazione che abbiamo.

 

Fotostoria

 

Un bel ritratto di Michel Altieri

 

 

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