Riccardo Simone Berdini e il musical

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Scritto da: Redazione • 25 Ottobre 2012
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Abbiamo incontrato per voi Riccardo Simone Berdini che dal prossimo 8 novembre sarà Danny Zuko nella nuova edizione di "Grease" per la regia di Saverio Marconi (debutto al Brancaccio di Roma e poi in tour – tutte le date nella nostra rubrica "Spettacoli" -).

 

Quando hai deciso che il musical sarebbe stata la tua professione? 

In realtà non l’ho mai deciso. Credo sia ancora una fase della mia vita in cui sono semplicemente riuscito ad unire due delle discipline che amo (canto e recitazione), scoprendone una terza (la danza), ma il mio sogno è sempre stato emergere attraverso la mia musica e poi magari un giorno tuffarmi nel mondo del cinema che è la mia vera grande passione fin da quando ero piccolo. 

 

Come è avvenuto l’incontro con la Compagnia della Rancia e con Saverio Marconi? 

Dopo essermi diplomato alla BSMT di Bologna non capivo se volessi lavorare o meno nel mondo del musical. Nel 2009 spinto dal mio amico Davide Calabrese mi sono presentato all’audizione per il ruolo di Pinocchio. Nonostante a prima vista Saverio fosse un po’ scettico a causa della mia fisicità, sono riuscito a convincerlo e ad ottenere la parte. Saverio è stato il primo a credere in me, dandomi la possibilità di dimostrare il mio valore anche in altre occasioni e insegnandomi tantissime cose. Non lo scorderò mai.

Riccardo Simone Berdini nel ruolo di "Pinocchio" (Foto Mario Macchitella)

Riccardo Simone Berdini nel ruolo di Fonzie in "Happy Days" (Foto Alessandro Pinna)

 

Dopo Fonzie  di “Happy Days” un altro personaggio-mito: Danny Zuko di “Grease”. Come ci si sente a dover impersonare personaggi così riconoscibili dal pubblico? 

E’ una grande responsabilità. Non sono spettacoli particolarmente complessi a livello attoriale e vocale, tuttavia si tratta di personaggi ormai entrati nella memoria collettiva. Si deve cercare di rispecchiarne le caratteristiche fondamentali che tutti amano e conoscono, risultando peraltro sempre credibili. Si rischia facilmente di deludere il pubblico. Bisogna rispettarli ma anche reinventarli, renderli propri e portare in scena una visione di Danny e Fonzie cucita su misura anche sulle proprie caratteristiche perchè, come diceva Uta Hagen, “alla fine il pubblico deve volere anche te, non solo il tuo personaggio, altrimenti come artista non hai vinto la sfida”. 

 

La scorsa estate hai anche interpretato uno dei musical più famosi al mondo: “Les Miserables”. Che esperienza è stata?
Meravigliosa. Un sogno divenuto realtà. Per quanto concerne il musical Valjean è il ruolo della mia vita. Mi sento completo in lui, sia vocalmente che attorialmente, nonostante lui sia molto più vecchio di me. Un personaggio dall’umanità fuori dal comune, più volte non mi sono sentito degno di indossarne i panni. La forza di volontà e la compassione che dimostra nonostante le sofferenze che ha vissuto dovrebbero essere da esempio per chiunque. Esattamente quello che spetta ai grandi miti. Un modello di vita. Quello che troppo spesso manca nella nostra cultura. Non abbiamo grandi
punti di riferimento a cui ispirarci e le conseguenze si vedono… L’arte ha un grande peso sulla formazione morale di ogni popolo. Noi italiani spesso lo dimentichiamo e trattiamo questo lavoro senza rispetto e dignità. A mio parere è un abominio.

Riccardo Simone Berdini in "Les Miserables"

 

Riccardo Simone Berdini in "Les Miserables"

 

Come giudichi l’evolversi del teatro musicale in Italia?

Come performer stiamo raggiungendo dei livelli molto alti perché finalmente abbiamo iniziato a dare importanza alla recitazione capendo che è la cosa su cui fondare le altre discipline. A livello produttivo e registico invece mi sembra sia un disastro. Non si vuole imparare né dai grandi maestri del passato né dall’estero. Ci si improvvisa registi, scrittori di testi e compositori senza avere alcuna formazione nè le capacità necessarie. Si creano spettacoli imbarazzanti che hanno declassato la categoria facendo credere che questo genere sia senza spessore e senza dignità. Non è giusto. Sia per il pubblico, che ormai esige un altro livello qualitativo e artistico, sia per noi performer che invece siamo preparatissimi e infatti salviamo sempre la baracca. Bisogna essere onesti e ammetterlo altrimenti non si riuscirà a cambiare mai niente. Il musical ora vuole altro. Si deve creare qualcosa di valido ed entusiasmante. Solo così si può risollevare il teatro musicale italiano e aspirare a grandi incassi.

Torniamo a parlare di “Grease”, un titolo storico del musical in Italia, in scena ormai da 15 anni con immutato successo. Quali sono secondo te gli ingredienti che rendono questo spettacolo così amato dal pubblico italiano?
Musiche travolgenti e orecchiabilissime, ambientazione liceale anni ‘50, classiche tematiche giovanili come il valore dell’amicizia, la ricerca dell’amore e l’incertezza del futuro, situazioni e personaggi azzeccati, una spensieratezza di fondo che ti fa dimenticare i problemi della vita per due ore di sano e sincero divertimento. Questa nuova edizione di Saverio ha un cast eccezionale e un’energia che invade la platea. L’onestà nei confronti del pubblico è sicuramente l’arma in più che permette ad un prodotto del genere di arrivare definitivamente al cuore degli spettatori e con dei performer di questo livello (Panzeri, Carradori, Sticotti, Monici e tanti altri) risulta tutto più semplice.


Tu hai anche scritto “Una luce nel buio”. Di cosa si tratta?
E’ un musical pop/rock che ho rappresentato lo scorso anno al Teatro Rossetti di Trieste e su cui sto lavorando da un bel po’ per tentare di renderlo ancora più valido. Saverio con le sue idee mi sta aiutando molto. Vorrei che fosse uno spartiacque del genere, che dimostri che si può fare un teatro musicale diverso, più vicino ai giovani e al modo di raccontare storie al giorno d’oggi. E’ sicuramente un lavoro che comprende tutte le grandi influenze cinematografiche (Nolan, Spielberg, Burton) e musicali (Muse, Alter Bridge, Mumford and Sons, Nine Inch Nails) che amo di più. Uno spettacolo che attraverso le vicende del protagonista Nicholas e del suo talento per la scrittura si pone una semplice domanda: esiste l’amore eterno?

Vuoi raccontarci qualcosa di più sulla storia?
Preferirei di no. E’ ancora in fase di riscrittura e poi è davvero molto complessa. Mescola in continuazione sogno e realtà, verità e fantasia, ponendo lo spettatore al centro di un vero e proprio puzzle emotivo che si compone piano piano fino ad esplodere emotivamente in un finale ricco di colpi di scena e molto commovente. Sono stato molto orgoglioso quando a Trieste, dopo aver visto la replica pomeridiana, una ventina di ragazzi, in lacrime, sono stati talmente entusiasti da tornare a vedere la serale. Ha significato molto per me. Vorrei tanto che questo fosse l’effetto di tutti gli spettacoli che facciamo e che vediamo. Se fosse così non credo che il teatro sarebbe in crisi… 

 

Quale personaggio di musical ancora non rappresentato in Italia ti piacerebbe interpretare? 

Ovviamente spero di interpretare ancora Valjean perchè quattro repliche a Bologna non hanno minimamente "placato la mia sete". Devo dire che sono da sempre anche molto affascinato da Joe Gillis di “Sunset Boulevard”, da Sweeney in “Sweeney Todd”, da Giuda e Jesus in “Jesus Christ Superstar” e soprattutto dal fantasma nel “Phantom of the Opera”, ruolo di una forza drammatica e di una potenza musicale pari solo a Valjean. Spero che un giorno qualcuno di questi sogni si possa realizzare ma spero prima di tutto che il teatro musicale possa cambiare radicalmente e acquisire maggiore rispetto e credibilità, magari portando in scena spettacoli di questo tipo perchè, arrivati a questo punto, se ne sente un gran bisogno…

In bocca al lupo!
 

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