Loretta Goggi: «Io che ho combattuto la tv maschilista, a casa ero una geisha»

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Scritto da: Redazione • 4 Settembre 2019
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di Candida Morvillo – da corriere.it

«Alighiero Noschese è stato il primo e unico uomo con cui ho diviso un programma 50 e 50 senza gelosie. Era un signore: in quel 1973 di austerity in cui facevamo Formula Due e non sempre si poteva circolare, lui aveva l’auto Rai e io no e passava a prendermi a casa».
Loretta Goggi (Stanno suonando la nostra canzone, Hello,Dolly!, Gypsy), tolto Noschese, i suoi colleghi erano tutti maschilisti?
«Più che altro, era maschilista la tv. La conduzione e il primo nome erano dell’uomo: conducono Baudo e Goggi; Bongiorno e Goggi».
E l’auto sempre solo a loro?
«L’uomo presentava, la donna completava esteticamente lo show. Eppure, io cantavo, imitavo, ballavo… Ho lasciato la Rai per questo. Un dirigente mi aveva detto: una donna non può gestire un programma da sola. Me ne andai a Canale 5 e, nel 1981, fui la prima col cognome nel titolo di una trasmissione: Hello Goggi».
Poi, la Rai le fece fare «Loretta Goggi in quiz» e «Ieri Goggi e domani».
«È stata una mia piccola vittoria».
Esattamente 60 anni fa, nel 1959, Loretta Goggi, nove anni, vinceva un concorso canoro alla radio. L’anno dopo debuttava nel primo di molti sceneggiati Rai. Diventerà cantante, attrice, imitatrice, ballerina, mattatrice nei teatri. Lo sceneggiato La freccia nera avrà un successo clamoroso, le sue imitazioni di Mina faranno epoca, la canzone Maledetta primavera arriverà seconda a Sanremo 1981. Sposerà il ballerino e coreografo Gianni Brezza, mancato nel 2011, facendo della sua vita uno strano mix di emancipazione sul lavoro e devozione muliebre a casa.
Il suo è stato il femminismo di chi ha avuto 18 anni nel 1968?
«A 18 anni, stavo sul set della Freccia nera, in Scozia. La rivoluzione me l’hanno raccontata poi. Però ero cresciuta lavorando, gestendo scelte. A 22, arrivai a Canzonissima incosciente ma pronta».
Impattò 26 milioni di telespettatori.
«L’incoscienza era arrivare dopo Raffaella Carrà, fortissima e sex symbol».
Pure lei era sexy in cover su «Playboy».
«Lo feci nel ‘79, per dimostrare non femminilità, ma che i cliché sono gabbie. Già da giovane attrice pativo perché ero sempre l’orfana malata e povera. Perciò mi ero data alle imitazioni. Quanto alla Carrà, so di esserne l’eterna seconda».
Fa la modesta?
«Lei, Pippo Baudo, Mike Bongiorno sono icone, io una brava professionista».
A Miss Italia 2007, riprese in diretta Mike, che l’annunciò con un quarto d’ora di ritardo. Fu maschilismo?
«Per rispetto alla sua memoria, dirò solo che conservo una lettera della Rai che dice che non ero valletta, ma coconduttrice. Stimavo Mike, ma mi sono sentita offesa come professionista e donna».
È stata femminista anche in amore?
«Tutt’altro. Gianni era un uomo al quale era impossibile dire no. Era stato quattro anni in Marina ed era militaresco anche nei rapporti con le persone».
Si autodenuncia moglie oblativa?
«Fuori casa, ero piena di responsabilità, a casa, era riposante affidarmi a lui ed essere la sua geisha. Certo, non sempre ero propensa a prendere ordini e le liti erano quasi giornaliere. Ognuno aveva la propria valigia pronta sul soppalco».
Sarà mica stato maschilista?
«Lo era ed era anche molto possessivo. Gli ultimi anni, voleva che usassi solo tailleur pantalone. Se ero in tournée senza di lui, dovevo chiamarlo appena finivo, quando salivo in taxi e scendevo dal taxi. E dovevo cenare da sola in camera».
Non le dava fastidio?
«Mi piaceva. A me non è mai venuto in mente di andare con un’amica al cinema o a fare shopping. Da vedova ho dovuto riscoprirmi. Ero passata da vivere con papà a vivere con Gianni. Non avevo mai saputo se mi piacesse alzarmi presto o tardi o cosa mi sarebbe piaciuto fare senza chiedere all’uomo che avevo vicino».
Il primo incontro?
«A Fantastico. Per i balletti de Il Grande Gatsby, il Dottor Zivago, Anonimo Veneziano, serviva un ballerino e coreografo prorompente, capace di guidarmi, ovvero Brezza, che però a 41 anni, ormai, faceva lo skipper per i mari. Non voleva venire, lo convincono. Arriva e chiede: chi è la squinzia che devo far ballare?».
Che cosa la colpì?
«La sensazione che sulla sua spalla potevo poggiare la testa. I coetanei non avevano quella forza con una donna ingombrante come me. A 29 anni, fu il primo amore da non capire più niente».
Prima era detta la vergine di ferro.
«Avevo fatto scuole solo femminili e, a lungo, di uomini avevo saputo zero».
Brezza era sposato e aveva tre figli.
«Abbiamo sofferto tanto, perché non volevamo distruggere una famiglia o io dare un dispiacere ai miei. Dopo, non abbiamo avuto figli per aspettare che i suoi crescessero e, poi, non ne sono arrivati».
Come ha vissuto il cancro di Gianni?
«Dovevo debuttare in teatro a Fermo, volevo tornare, ma lui me lo vietò. A quel punto, se l’avessi contraddetto, avrebbe capito di essere grave. Lasciai negli ultimi giorni e, quando lui capì di essere alla fine, non ne parlammo. Siamo rimasti insieme, vicini e basta, mano nella mano. Il giorno prima, mi ha chiesto: Goggi ma quanto mi ami? E io: manco te l’immagini. Dopo, per mesi, non mi è importato di mangiare, dormire, lavorare».
Ora è tornata a lavorare tanto.
«Ho capito che mi fa bene. Sono arrivati la giuria di Tale e quale show, il cinema con Fausto Brizzi, le fiction di Cinzia Th Torrini, due libri. Presto sarò nella fiction Pezzi Unici di Torrini, al cinema in Appena un minuto di Francesco Mandelli e in Burraco fatale di Giuliana Gamba. E sono protagonista di un corto sull’Alzheimer, Sogni, di Angelo Longoni».
Ora che non dà più conto a un uomo, ha scoperto di essersi persa qualcosa?
«Niente di rilevante. Solo che la mattina, invece di alzarmi presto per preparare pranzo e colazione, mi piace stare a letto a leggere il giornale».

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