Mauro Simone dirige Elisabetta Tulli

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Scritto da: Redazione • 11 Maggio 2019
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Due nomi conosciuti del musical italiano per lo spettacolo “La storia de Giulietto, de Marisa e della mano in Chiesa“, che arriva a Milano il prossimo 17 maggio allo spazio Leà di Piazza XXIV maggio n. 12. Storie divertenti, ricche di fantasia ed equivoci, alternate sapientemente alle parti musicali e animate da un’infinità di personaggi, tutti interpretati da un’unica, trasformista interprete, riportano alla Roma dei primi anni Cinquanta: si può definire una commedia musicale ma è molto di più. Scritto ed interpretato dall’attrice e cantante romana Elisabetta Tulli e diretto da Mauro Simone, lo spettacolo racconta di Marisa, giovane fioraia in cerca del vero amore. Tra gli strascichi della guerra e la voglia di emancipazione, la protagonista rifiuta il matrimonio combinato dal padre con Giulietto, pizzicagnolo dal cuore romantico. I genitori di lei sempre in lite, la nonna che ama il gelato, il carabiniere piemontese, Musumeci, il suocero mafioso, la rivale in amore Camilla, la maga, popolano questo colorato affresco, in cui la versatile attrice ricorre all’aiuto di una gonna “multiuso” per evocare, all’occorrenza, oggetti e figure ma fa anche appello alla complicità della fantasia del pubblico che non può non sentirsi immediatamente coinvolto.

Protagonista, al fianco di Elisabetta Tulli, la musica della tradizione romana : “Chitarra Romana”, “Tu padre co tu madre”, “Carrettiere a vino”, “Come è bello fa l’amore quanno è sera” sono alcuni dei brani riportati in vita sul palco. Non mancano canzoni composte dalla stessa Elisabetta Tulli che ricalcano quello stile (tra gli altri, il brano “Te vojo scorda’” vincitore del Festival della Canzone Romana 2010), alla ricerca di un ponte tra il passato e il presente.

«Elisabetta Tulli è una Performer che sa mettersi a disposizione totale della regia e del palcoscenico; capace di passare in modo organico da un personaggio ad un altro, che sia maschile o femminile, in pochi attimi – dice Mauro Simone – Questo concede al pubblico di entrare perfettamente nella vicenda narrata, dimenticandosi che su quel palcoscenico c’è solo una donna. La costruzione registica è semplice ma evocativa, per far sì che venga in primo piano proprio la bellezza del testo è la grandiosità dell’interprete»

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