Nel centenario della nascita del compositore, direttore d’orchestra e pianista statunitense Leonard Bernstein (1918-1990), il Teatro Comunale di Bologna, in collaborazione con BSMT Productions, gli rende omaggio con un nuovo allestimento del suo capolavoro teatrale West Side Story. Il musical, che dopo una lunga gestazione e un’anteprima a Washington debuttò con successo al Winter Garden Theater di New York il 26 settembre 1957 – con la coreografia e la regia di Jerome Robbins, i versi di Stephen Sondheim e i testi di Arthur Laurents –, è in scena nella Sala Bibiena dall’11 al 17 luglio. La regia è affidata a Gianni Marras (foto sopra) – ormai un riferimento per il genere del musical – la direzione artistica e vocale è di Shawna Farrell (foto sotto), le coreografie di Gillian Bruce (foto sotto in teatro), le scenografie di Giada Abiendi, i costumi di Massimo Carlotto, il disegno luci di Daniele Naldi e il sound design di Tommaso Macchi. Sul podio dell’Orchestra del Teatro Comunale torna il direttore americano Timothy Brock (foto più sotto), già più volte alla guida della compagine bolognese in occasione della rassegna estiva “Il Cinema Ritrovato”, riconosciuto come uno dei massimi interpreti della musica per film. Questo titolo celebra anche i dieci anni di collaborazione tra il Comunale e la Bernstein School of Musical Theater, che ha dato vita ad apprezzate produzioni quali The Beggar’s Holiday, Il bacio della donna ragno, Les Miserables, Ragtime, Evita e Titanic. West Side Story rilegge e attualizza la shakespeariana vicenda senza tempo di Romeo e Giulietta, calandola nel mondo newyorkese dell’Upper West Side degli anni Cinquanta del Novecento, dai colori, dai timbri e dai ritmi caleidoscopici. Dopo un iniziale tentativo di ripensarla come una storia di rivalità tra ebrei e cattolici, Bernstein e il librettista Laurents decisero invece di concentrarsi su due gang contrapposte: quella bianca dei Jets e quella portoricana degli Sharks, moderni Capuleti e Montecchi. Il musical pone l’accento sulla problematica del disagio giovanile e dell’integrazione sociale causata dalle ondate di immigrazione negli Stati Uniti in quell’epoca, in particolare a New York City, e sulle conseguenti tensioni, paure e violenze che ne sono scaturite. In questo contesto, i due giovani amanti protagonisti, Maria e Tony, sperano in una vita migliore; ma l’amore sincero che provano l’uno per l’altra si scontra con la dura e tragica realtà che li circonda. «Anche se inseriti nei bassifondi della New York degli anni Cinquanta – dice il regista Gianni Marras – Romeo e Giulietta non perdono la purezza di due giovani innamorati che vogliono andare oltre le convenzioni, i pregiudizi e le rivalità che da politiche, in Shakespeare, diventano etniche e sociali in Bernstein. Nell’orizzontalità della vita di questi teppisti, che non vedono oltre i muri dei vicoli che li circondano e dentro i quali si scontrano per qualcosa che ha un mero valore di rivalsa, si inserisce la verticalità del balcone, simbolo dell’amore di Tony e Maria che vuole andare al di là, alla ricerca di un “Somewhere” dove realizzare il sogno di una vita felice. L’unica possibilità che questa realizzazione avvenga – continua il regista – viene affidata, non a caso, al carattere e alla lucidità del mondo femminile di Maria e di Anita; due donne che, arrivando da una realtà di povertà e privazioni, hanno dentro quella determinazione di chi vuole impossessarsi del proprio futuro. E lo scontro avviene con un mondo maschile fallimentare, sia nella rassegnazione delle uniche figure adulte presenti nella storia, sia nella rabbia delle due bande dei Jets e degli Sharks, incapaci di andare oltre la violenza che li circonda. Quella violenza stupida e incontrollata – conclude Marras – che porta al tragico finale in cui, a differenza di Shakespeare, si fa sopravvivere il personaggio femminile di Maria per lasciare aperta la speranza che la morte di Tony possa abbattere i muri che dividono gli animi e i desideri di tutti quei giovani». L’eclettismo e la freschezza dei testi di Bernstein e Sondheim, la variegata invenzione melodica, ricca di ritmi latini e contaminazioni dal jazz – che restituiscono l’agitazione e la gioia feroce dei giovani – e dalla popular music americana, sono fra i motivi del suo successo teatrale, prima, e cinematografico, poi, con il pluripremiato film del 1961 diretto da Robert Wise e Jerome Robbins. Cruciale in West Side Story è la componente coreografica, che diventa parte integrante della narrazione, del dramma e della partitura musicale. Le nuove coreografie di Gillian Bruce per Bologna vogliono essere in qualche modo recitate: i movimenti, concepiti in modo da valorizzare i corpi e le potenzialità degli interpreti, mostrano le azioni e gli stati d’animo di ogni personaggio. Significativo è in particolare il prologo, in cui diversi pannelli in movimento simulano i vicoli della città per creare una scena in cui a dominare è il sentimento di paura e agitazione delle due bande rivali. Per quanto riguarda la parte vocale, Shawna Farrell ha lavorato con i giovani talenti della Bernstein School of Musical Theater per prepararli a questo titolo che – sostiene – «rappresenta una sfida per gli allievi della BSMT, soprattutto per i principali interpreti della storia: Maria deve infatti avere una vocalità timbrata verso la lirica e Tony deve possedere una grande estensione vocale per affrontare canzoni come Maria. Naturalmente tutto il lavoro svolto con i ragazzi si è basato sul recitato, perché la coppia Bernstein-Sondheim non ha lasciato una singola nota o parola fuori posto per raccontare la bellissima storia di West Side Story». Tra gli interpreti principali del cast spiccano Timothy Pagani e Caterina Gabrieli nei panni di Tony e Maria, Alessio Ruaro in quelli di Riff, Massimiliano Carulli come Bernardo e Francesca Ciavaglia come Anita. West Side Story è l’ultimo appuntamento della rassegna "A Summer Musical Festival" che fa parte di Bologna Estate 2018, il cartellone di attività promosso e coordinato dal Comune di Bologna.