CHRISTIAN GINEPRO:
BRAVI SI DIVENTA
Da "Italia Sera" una bella intervista a
Christian
Ginepro a firma di Paolo Pelinga
"Sono
semplicemente un interprete, una persona che rappresenta la
realtà"
Christian Ginepro, attore rivelazione dell'anno, protagonista
maschile di " Cabaret " al Sistina, si racconta
di Paolo Pelinga
Christian Ginepro parla a raffica, possiede una straordinaria
proprietà di linguaggio, un linguaggio sobrio e forbito,
scandisce bene le parole, si fa capire da tutti ed è un piacere
ascoltarlo. Sulla scena
è un folletto inarrestabile, scatenato; non lesina energie, è un
vulcano in eruzione, travolge tutto e
tutti. La sua esibizione, mentre recita, è uno spettacolo nello
spettacolo, veri e propri fuochi
pirotecnici. Noi, di solito, facciamo precedere all'intervista
una sintetica scheda esplicativa del
personaggio, con relative nozioni che ne illustrato, in maniera
esaustiva, la personalità, i pregi e tutto
ciò che lo riguarda sul piano artistico e umano. Christian non
ne ha bisogno. Per scoprire le sue virtù
non basterebbe un'intera pagina di giornale. Ma lui è talmente
bravo che, attraverso questa
intervista-fiume, si farà conoscere, stimare e apprezzare più di
qualsiasi elogio da parte nostra che
pure merita.
- Christian, i tuoi dati anagrafici?
"Sono nato il 7 novembre 1973, nel segno dello Scorpione, in
quel di Pesaro".
- Come si fa a diventare così bravo?
"Non so. Non dovresti chiederlo a me. Nel senso che io non è che
sono bravo, sono semplicemente
una spugna. Le spugne, se ci si abitua a usarle, rimangono ben
bagnate e pronte ad essere utilizzate
per prendere da tutti e da tutto, perché molte volte il nostro
ego ci impedisce di imparare da noi
stessi. Quindi, se ci si guarda intorno e sei una spugna, si
cerca di essere sempre più bravi di come
lo si era il giorno prima".
- Artisticamente come nasci?
"Io, in realtà, nasco ballerino. A 12 anni ho iniziato a
studiare danza. Mi sono iscritto a danza perché
mi ero innamorato della mia compagna di banco. Io facevo il
taekwondo, invece lei mi fa: Io, da
domani, vado a danza". "Anch'io" ho ribattuto subito, e mi sono
iscritto a danza. Il canto? Ho sempre
cantato fin da bambino. Mio padre, quando ero nella pancia della
mamma, mi faceva sentire con le
cuffie Rossini, i Beatles, e quindi l'orecchio è nato
predisposto. Poi tanta gavetta. Ho fatto anche i
Villaggi Turistici. Quindici anni fa Roma era lontana per un
pesarese come me. Quindi, se tu eri
giovane e volevi fare delle cose, andavi nei villaggi, dove
spendevano fior di milioni per fare questi
spettacoli e tu avevi la possibilità, durante una giornata, di
fare tre spettacoli al giorno, ballare,
cantare, recitare, farti sentire da centinaia di persone, senza
microfono certe volte. E soprattutto,
quando ho debuttato, ho lavorato due anni con Tosca, la
cantante, facendo la spugna. Io, ogni
giorno, le chiedevo di farmi il riscaldamento vocale e intanto
imparavo".
- Cos'è l'arte per te?
"Come si dice, l'arte è uno per cento di ispirazione e 99% di
traspirazione. Per fare questo mestiere,
tra le tante cose che bisogna avere, anche i piedi per terra e
la testa fra le nuvole. Bisogna essere un
po' elastici".
- Secondo te, bravi si nasce o si diventa?
"Si diventa. Si diventa assolutamente. Bisogna avere il
privilegio e la fortuna di incontrare i maestri
giusti che, oltre ad essere dei maestri, abbiano voglia di
insegnarti, come è capitato a me con
Saverio Marconi, con Gigi Proietti, Gianluca Guidi, Massimo
Ghini; con Pietro Garinei, Gino Landi e
Trovajoli, con Gianni Fenzi, tutti maestri che hanno avuto
soprattutto voglia di insegnare. E poi, da
parte mia, anche un po' di predisposizione verso questa
professione. Come dice Verga, chi nasce
pesce il mare lo chiama. Quindi, naturalmente, se sei nato
fagiolo poi vai a fondo".
- Che tipo di attore sei, come ti definiresti?
"Io mi definisco un interprete. Nel senso che nei musical, molte
volte, si fa grande errore considerarsi
dei performers, che è semplicemente una persona che va sul
palcoscenico e dice: adesso signori
guardate, perché io sono veramente bravo. E' il circo,
l'esibizione di se stesso che va bene al circo,
però. Invece a teatro l'attore deve essere un interprete, una
persona che rappresenta la realtà. Il
teatro, in una città, è come se fosse lo specchio di una casa. E
quindi, quando la gente ha il coraggio
e la voglia di andare a guardarsi allo specchio a teatro, è
importante rappresentare, essere interprete
di una realtà, di una favola, di una tragedia che si vuole
raccontare.
Poi che si decida di farlo solo recitando, o cantando e
ballando, quella è tecnica. La mia grande gioia
è riuscire a fare fiction in televisione (e una proposta in tal
senso gli è appena arrivata, n.d.r.), essere
chiamato magari, come è successo col provino di Proietti, nella
prosa, a fare musical, commedia
musicale; ma l'attore, ora come ora, deve saper fare tutto,
tecnicamente".
- Cosa ti affascina maggiormente del mondo dello spettacolo?
"La cosa che mi affascina è una benedizione e anche una
maledizione. Nel senso che il mondo dello
spettacolo viene visto come una giostra, appunto benedetta e
maledetta che, quando si spegne la
luce in sala, il pubblico decide di montare su questa giostra e
di abbandonarsi all'incanto contro il
disincanto che c'è in giro nella vita vera, nella vita reale. La
maledizione sta nel fatto che tu sei un
cavallino della giostra e quindi, anche dal punto di vista
affettivo, della vita di tutti i giorni, molte volte
la gente sale e poi scende perché il giro è finito e tu hai un
buco davanti, uno dietro, e sei legato alla
giostra. Quindi bisogna stare molto attenti con questo mestiere,
che è un mare dove non ci sono
molti gorghi che ti fanno tenere lontano dalla riva, che sarebbe
la vita reale".
- Sentimentalmente, come sei messo?
"Sono single. Ho avuto una storia che però è finita. Ci ho
pensato. Facendo questo mestiere è
difficile perché, molte volte, la persona che ti si mette vicino
non capisce che ci sono dei momenti,
nella vita di un artista, in cui tu sei in amore anche senza di
lei. Tutto questo può succedere, ma non
è accettato".
- Tutto sommato, però, forse sei più sereno...
"Dipende. Io penso che la vita sia una questione di priorità.
Quando sono stato innamorato, e lo
sono stato spesso, allora cambiano le priorità nella vita, anche
se comunque, appunto, un artista, un
attore, una persona che fa questo tipo di spettacolo,
difficilmente fa una scelta dell'amore che vinca
su quello che poi è, perché in fondo siamo quello che facciamo.
Questa è la nostra maledizionebenedizione".
- Quindi, se una donna ti mettesse davanti a un bivio: me o la
carriera, come reagiresti?
"Evidentemente le ragazze che facessero questo hanno già
incominciato a fare il primo errore,
perché non è un bivio. E' come se mi dicessero: scegli tra me e
il tuo braccio sinistro. Io non posso
scegliere, il mio braccio è attaccato. Quindi non scelgo fra due
cose esterne a me".
- Che titolo di studio hai conseguito?
"Ho fatto il liceo classico. Ho dato undici esami di
giurisprudenza, poi mi sono reso conto che potevo
fare a meno del diritto ma, soprattutto, che il diritto poteva
fare a meno di me. E quindi ho detto:
lasciamo stare perché non è il mio pane".
- Dove vorresti arrivare, qual è la tua massima aspirazione?
"Riuscire a continuare, fino a 80 anni, a fare per 365 giorni
all'anno questo mestiere"
- Hai anche tu un sogno proibito?
"Ci sono degli spettacoli che adoro fare. Mi piacerebbe
continuare a fare prosa, ma il mio sogno nel
cassetto è fare Don Silvestro in Aggiungi un posto a tavola,
perché mi dicono che la faccia da pretino
ce l'ho. Mi piacerebbe fare Se il tempo fosse un gambero. Sono
tanti gli spettacoli che vorrei fare".
- Se non avessi fatto l'attore, cosa ti sarebbe piaciuto fare?
"Mi sono domandato spesso: perché faccio questo? A me quello che
piace è condividere, ed è una
delle tre parole chiave della mia vita. Sono responsabilità,
incanto e condivisione. Quindi cercherei,
prima di tutto, di rimanere nell'ambiente dello spettacolo
perché, comunque, se nasci pesce il mare ti
chiama. Però, se non avessi proprio avvicinato il mare dello
spettacolo, avrei trovato sempre un
mestiere che mi avesse dato la possibilità di interagire sulla
sfera emotiva delle persone davanti a me
in quanto artista. Cioè, appunto, magari avrei fatto il barista
che però, per quei cinque minuti in cui si
trova di fronte l'avventore, cerca di trasformare uno dei suoi
giorni in una bella giornata".
- Quali sono le maggiori difficoltà che si incontrano in questa
professione?
"Fortunatamente ho sempre avuto persone che hanno avuto voglia
di investire su di me. Bisogna poi
avere la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto.
I momenti più difficili, in realtà,
veramente sono pochi. Più dal punto di vista umano, personale.
Molte volte rischi di dover venire a
patti con il mostro della solitudine".
- Che cos'è per te la solitudine?
"La solitudine per me, molte volte, nel bene, è una cosa che non
si può condividere con nessuno.
Dall'altra parte io cerco spesso la compagnia, sono un
compagnone".
A questo punto, amici lettori, forse pensate che l'intervista a
Christian Ginepro sia finita qui. No, vi
sbagliate. Un ragazzo del calibro, dello spessore artistico e
umano di Christian, che una ne dice e
cento ne pensa, ha ancora tante cose da dire per deliziarci
ulteriormente con la sua sensibilità, la sua
intelligenza, la sua inventiva, la preparazione culturale, la
sua grande generosità che si concretizza
sul palcoscenico e nella vita. E' soltanto questione di
pazienza.
continua
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