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Continua l'appuntamento con la rubrica

" Io e il Musical"
Questa volta Massimo Davico ha intervistato Raffaele Paganini,
attuale protagonista di "Dance", il nuovo musical scritto e diretto da Saverio Marconi!


Paganinib.jpg (18957 byte) Lei ha interpretato già quattro musical: “Un Americano a Parigi”, “Cantando sotto la pioggia”, “Sette spose per sette fratelli” e il nuovo “Dance”. Ma come tutti sanno la sua formazione è classica; quindi da etoile della danza a star del musical. La passione per il musical è di vecchia data o una scoperta più recente?
E’ una cosa molto curiosa. Io faccio parte di quella generazione di ballerini classici che posso definire un po’ “ottusi” (oggi non è più così). Mi spiego. Io ho vissuto diversi anni all’estero, ho avuto la fortuna di lavorare in Inghilterra e di girare un po’ tutto il mondo con il London Festival Ballett ; noi che facevamo danza classica pura quasi snobbavamo i musical, non si andava neppure a vederli…oggi ribadisco non è più così…ma allora c’erano questi pregiudizi. Un po’ come avveniva  per la televisione del resto; quando io ho iniziato a fare televisione sono stato molto criticato nel mio ambiente. Io invece ho capito che non c’era nulla di male, anzi. Si cambia solo “ambiente”, ma tu porti sempre la tua esperienza, la tua professionalità. Ma davvero c’era questo atteggiamento sbagliato. Confesso che nei due anni in cui sono vissuto stabilmente a Londra non sono mai andato a vedere un musical. Oggi ovviamente me ne pento. Appena posso, visto che ho una casa in Inghilterra, vado quasi appositamente per vedere gli spettacoli del west-end. Quindi devo dire che non c’era mai stata una passione antica per i musical. C’era un amore per l’opera piuttosto, anche perché mia mamma era cantante lirica, mio padre danzatore classico…io sono nato in un teatro. L’incontro con il musical è stato un caso, un caso davvero incredibile. Io stavo facendo con Rossana Casale “Un Americano a Parigi” e venne Saverio Marconi a vedere lo spettacolo; venne non per vedere me, ma per “visionare” un’altra persona. Ma dopo aver visto quello spettacolo Marconi volle parlarmi e mi propose “Cantando sotto la pioggia”. Da lì poi è nata la vera passione, che era già un po’ scaturita nell’allestire “Un americano a Parigi”, che era nato come un balletto e poi con Rossana Casale avevamo aggiunto qualche canzone ed era nato “quasi” un musical…oggi tra noi diciamo che ci eravamo un po’ montati la testa…io sapevo “non stonare”, grazie agli insegnamenti di mia madre, ma non sapevo cantare…è stato decisamente l’incontro causale con Saverio Marconi  che mi ha portato a dare un corso completamente diverso alla mia carriera, anche perché è arrivato nel momento giusto, quando avevo già un’età per cominciare a pensare ad un futuro non solo come danzatore classico.
Pensa anche ad un futuro come coreografo di musical?
Ci sto pensando e non nascondo che ho già cominciato a collaborare con Saverio Marconi, ad esempio in “Dance”, anche se solo per delle piccole cose; però prima voglio ancora misurarmi sulla scena,  senza rubare del tempo alla mia preparazione per gli spettacoli che devo interpretare. Non mi sento ancora di ricoprire i due ruoli. Però in futuro sicuramente lo vorrò fare.
Qual è il musical che ha visto all’estero che ricorda in modo particolare?
Senza dubbio “West side story”, forse perché mi ricorda un po’ il “Romeo e Giulietta” del mondo della danza classica. Ed un altro che ho visto con piacere e che mi piacerebbe anche interpretare è “A Chorus Line”, il ruolo di Zach mi affascina molto. Probabilmente in quanto sono i due musical che  più si avvicinano alla mia sensibilità di danzatore. Ritengo che sia molto difficile per uno del mestiere andare a vedere uno spettacolo e lasciarsi coinvolgere completamente, senza pensare alla preparazione…a quello che “sta dietro”…io personalmente non ci riesco e quindi quando vado a teatro mi porto dietro il mio "piccolo bagaglio” di trent’anni di danza.
Nei musical precedenti Lei ha portato sulla scena personaggi in qualche modo già “esistenti”, già conosciuti dal grande pubblico attraverso successi cinematografici. In “Dance” invece si può quasi dire che il personaggio è stato pensato per Lei.

Sì ed è una responsabilità enorme. Ed è stato quindi un lavoro molto diverso, ma anche di grande soddisfazione. Fare uno spettacolo significa sempre “creare” qualcosa, ed in questo caso lo è stato ancora di più. Siamo tutti molto soddisfatti del successo che stiamo ottenendo, proprio perché si tratta di un lavoro totalmente nuovo.
C’è ora un grande successo del genere musical in Italia. Ha visto altre produzioni?
Tutto. Vado a vedere tutto. Sono un curioso di natura. A parte “Il grande campione”, che è in scena contemporaneamente a “Dance”, ho visto tutto, perché davvero adesso quello del musical è un mondo che voglio conoscere a fondo e amo veramente tanto. Appena avrò un mese di tempo ( dopo “Dance”, “Sette Spose”, ancora “Dance” in maggio e poi la tournée con la mia compagnia con i “Tanghi” di Piazzolla” e “Carmen” questa estate…forse a settembre…) voglio andare a New York o a Londra e fare una “full immersion” di musical. Un po’ per imparare cose nuove…ma anche per me, solo come spettatore una volta tanto.
Grazie, e buon lavoro!

A cura di Massimo Davico