Incontro col grande compositore, che firma
le musiche di "Vacanze romane" con Massimo Ghini e Serena Autieri,
da domani al Sistina di Roma
"La mia vita in musical"
Ho dedicato due canzoni alla Loren quando
stava per partire per Hollywood Ho fatto cantare Mastroianni in
"Ciao Rudy": era meraviglioso
ALVISE SAPORI
ROMA - Dopo molti anni, dopo molte riprese
dei suoi successi, l´ottantaseienne Armando Trovajoli torna a
creare delle nuove canzoni per lo spettacolo musicale che va in
scena da domani sera al Sistina di Roma, Vacanze romane, con la
regia di Enzo Garinei. Ancora una volta il prolifico compositore
si misura con uno dei grandi della musica americana: Cole Porter.
E scrive una serie di brani per Massimo Ghini e Serena Autieri, i
protagonisti della commedia musicale. Una lunga, lunghissima
carriera.
Maestro Trovajoli, ancora una volta canzoni romane?
«Se allude a Rugantino e alle sue canzoni bisogna subito dire che
una musica popolare romana non esiste. Mi ricordo benissimo che
quando accettai di scrivere le musiche di Rugantino feci delle
ricerche in biblioteca e negli archivi per confrontarmi con una
tradizione esistente e finii con lo scoprire che no, non c´era, un
filone romano che fosse il corrispondente della canzone
napoletana. Unica eccezione, quella assai poco musicale degli
stornelli».
E perché non esiste una canzone popolare romana?
«Forse perché Roma è stata per tanto tempo nello Stato pontificio
e il popolo doveva cantare solo le litanie sennò magari qualche
papa gli faceva tagliare la testa!».
Tornando alle musiche di Trovajoli, il suo maggiore successo
resta però la canzone «Roma nun fa la stupida stasera».
«Sì, ma non certo perché è una canzone romana! C´è un´invenzione
che non è solo musicale, ma proprio di testo, che rende la canzone
insieme astratta e a disposizione di chiunque si voglia
identificare. D´altronde io non so scrivere una canzone isolata;
per me la canzone fa parte di un contesto... insomma, di una
commedia musicale».
Eppure lei ha scritto due canzoni «isolate», entrambe per
Sophia Loren, che sono state due enormi successi.
«Tu che m´a´mparato a´ffà è stata scritta come un omaggio a
un´attrice che ammiro in un momento in cui Sophia, in partenza per
Hollywood, pensava di dedicare al canto maggiore attenzione di
quanto non abbia poi fatto. L´altra, Anyone servì a dimostrare in
qualche modo la maturità raggiunta dalla Loren».
Del resto lei con Sophia ha avuto anche un´esperienza
d´attore.
«Sì l´episodio lombardo di Ieri, oggi e domani. Fu un caso, era
difficile dire di no a Vittorio De Sica! E poi, per la verità, ne
ho avuto anche un´altra in Guglielmo il dentone con Alberto
Sordi».
E Mastroianni? Lei lo ha fatto cantare in "Ciao Rudy!".
«Marcello era, prima di essere un grandissimo attore, un uomo
meraviglioso. Come attore aveva quella rara intelligenza del ruolo
per cui arrivava al punto con apparente facilità ma perfezione di
effetto. Quando all´inizio di Ciao Rudy! cantava "Quattro palmi di
terra in California", sapeva già, e ti comunicava, quello che
sarebbe stato il senso tragico della frase nel finale. Era
straordinario».
E veniamo a un punto fondamentale della sua vita e della sua
carriera: il Jazz.
«Quanto lo devo avere amato, il jazz! Mi ricordo ancora che ho
sentito il primo disco di Duke Ellington (per la cronaca era
Sophisticated Ladies). Cosa succedeva? Cos´era successo? Si erano
aperte le cataratte! E lì mi sono detto, immodestamente, ecco cosa
voglio fare! E poi ho incominciato ad ascoltare Teddy Wilson e
Earl Fata Hines...».
Insomma, a studiare il jazz.
«No, ad ascoltare il jazz. Il jazz, ci si nasce o no. Non si
impara e non si insegna, è un linguaggio a parte. Tenendo
presente, che poi dietro la porta c´è sempre Johann Sebastian Bach.
Il jazz è soprattutto libertà. Il fatto di partire sempre da
un´improvvisazione ti dà una meravigliosa sensazione di
onnipotenza e, ripeto, di libertà. Per me, che venivo da studi
classici di violino, pianoforte, composizione, è stata la grande
scoperta: la mia immaginazione si liberava e si sviluppava in
differenti sequenze».
E il suo incontro con la musica di George Gershwin?
«Gershwin? Ci si sbatte il muso sulla strada del jazz. La sua
musica è improvvisazione (per carità, in partenza, poi è creata e
sorvegliatissima). Ma provate a inventare un tema così
apparentemente semplice come quello dell´Americano a Parigi! (Lo
accenna) Gershwin è un altro monumento della musica contemporanea.
L´ho suonato in concerto, e, tanti anni fa ho fatto un disco con
tutte le più celebri canzoni di Gershwin e i miei arrangiamenti e
suonando io il pianoforte».
E veniamo a questo "Vacanze Romane". Le è costato fatica?
Oppure gioia?
«Fatica, decisamente fatica, anche se poi produce molta gioia,
almeno per me. Sono stato combattuto tra il fare e il non fare».
Per via dell´abbinamento a Cole Porter?
«No. Per carità, Cole Porter è un grandissimo! Però dovendo
raccontare una storia che si svolge a Roma, con un protagonista
romano, e in cui la città ha un´importanza fondamentale, ditemi
Cole Porter cosa c´entra? Il tutto dovendo spaziare in una Roma
che va dall´osteria ai monumenti, ispirato da un personaggio
femminile che Serena Autieri interpreta e canta meravigliosamente,
guidato dal protagonista che è quell´eccellente attore di Massimo
Ghini, con i testi di Jaja Fiastri così affascinanti... E infine
dall´amore comune che ci lega tutti al Teatro. E poi ci sono i
balletti: qui per le coreografie di Gino Landi, un regalo per me
che sono un appassionato di balletto».
E così tutto questo l´ha convinto...
«Sì e soprattutto il capoverso di una canzone, che canta Serena,
Mi sembra di abitare in una favola. È lì che mi sono convinto a
scrivere per questo Vacanze romane».
(da La Repubblica, 15 febbraio 2004)
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