SOGNANDO
CHICAGO...
André De La Roche, da una quindicina d'anni
ormai stabilmente in Italia, alla vigilia del
suo debutto nel musical "All the jazz On
Broadway"
A volte i «mix» più
imprevedibili creano fantastici talenti. A
riprova che, nel nostro «villaggio globale»,
le razze che si incontrano producono, perché
no, i prodotti migliori. André De La Roche ne
è la prova. Di origine
corso-vietnamita e di adozione americana, ha
respirato l’aria del musical sin da bambino.
A soli 8 anni fa parte, alla Los Angeles Light
Opera del cast di The King and I. In seguito
si aggiudica una borsa di studio triennale
all’American School of Dance di Los Angeles.
A 18 anni fa parte del corpo di ballo in How
To Succed In Business e partecipa come
ballerino a molti show della televisione
americana. È del 1979 l’incontro «fatale»
con Bob Fosse, che lo scrittura per il suo
spettacolo Dancin, con il quale, agli inizi
degli anni Ottanta, arriva in Europa, e nella
fattispecie, in Italia, che diventerà in
breve la sue seconda patria artistica. Ma lasciamo che sia lui a
raccontarsi a in questa conversazione che
abbiamo avuto con lui
presso la «Scuola Danza e Movimento»
di Milano, dove era in prova con il suo
spettacolo All the Jazz On Broadway, che
debutterà a fine dicembre. «In Italia furono
determinanti i miei incontri con Vittoria
Ottolenghi e Franco Miseria. Eravamo nel 1984.
Nel 1985, girai poi un film con Adriano
Celentano “Joan Lui” Nel 1986 ero primo
ballerino accanto ad Heather Parisi e dal 1987
sono rimasto stabilmente in Italia. La
televisione italiana mi ha dato molto. Per
anni sono stato primo ballerino negli
spettacoli del Bagaglino: “Saluti e baci”,
“Rose rosse”, “Bucce di banana”...». Ma non solo televisione,
comunque... «No, anche molto teatro,
esibendomi sia nel repertorio “classico che
“leggero”, fino ad arrivare
all’occasione molto importante della
stagione scorsa con “Il mago di Oz”, dove
ho avuto la fortuna di essere diretto da
Filippo Crivelli, che curava la regia; una
persona veramente deliziosa e un grande
professionista». Quale è stato il
coreografo che ha lasciato l’impronta
maggiore sul tuo modo di danzare? «Sicuramente Bob Fosse.
Lo amavo molto professionalmente e amavo il
suo stile, il suo modo di vedere il jazz; io
ho lavorato soprattutto con la moglie, Gwen
Verdon, che era la direttrice della compagnia
di “Dancin”. È stata una grandissima
insegnante per me; lavoravamo anche dieci ore
al giorno». Lo spettacolo che stai
montando, All The Jazz On Broadway, è in
qualche modo un rifacimento del famoso All
That Jazz di Fosse? «No, non potrebbe mai
esserlo. La seconda dello spettacolo è dedicata a Bob Fosse, come lo
vedo io. La prima parte, il cui filo
conduttore sarà la musica jazz, prevede
invece omaggi ai musical di Duke Ellington,
Irving Berlin, George Gershwin, Cole Porter,
Kurt Weill, oltre a brani di Ray Charles e Cab
Calloway, il filo conduttore. Il debutto sarà
al Teatro Duse di Bologna il prossimo 29
dicembre. Lo spettacolo coinvolge diciassette
ballerini, sei cantanti e otto musicisti. Non
è uno sforzo da poco». I
grandi ballerini coetanei di Fosse, penso a
Gower Champion, Michael Kidd, George Chakiris,
Russ Tamblyn, come li consideri? «Per me sono
assolutamente mitici. Ma vorrei citare
soprattutto un nome che rimane insuperabile,
Jerome Robbins, che probabilmente resta il più
grande coreografo della storia del musical.
Fosse ha sviluppato lo stile. Robbins aveva
l’abilità di cambiarsi e adattarsi ad ogni
genere di musical, da “The King and I” a
“West Side Story” al “Violinista sul
tetto”». Ma il musical «più
bello», per te, qual è? «Il musical “non
ballato” sicuramente “Il Fantasma
dell’Opera” di Lloyd Webber. Dopodiché
adoro la straordinaria semplicità di
“Chicago”, musicalmente meraviglioso. Se
io dovessi metterlo in scena e coreografarlo
in Italia sceglierei Heather Parisi per il
ruolo di Velma, mentre per Roxie... forse
Renata Fusco, la “bruna” di “Dance’ e
“Grease”? È un sogno; non posso dire
molto di più ma qualcuno credo stia già
pensando di portarlo in Italia, speriamo... ». Se lei dovesse creare una
scuola di danza, come la imposterebbe? «Facendo in modo che il
ballerino possa imparare a trecentosessanta
gradi la sua arte; la base deve essere
“classica”, e poi deve apprendere il
“jazz”, il “tip tap” il
“latino-americano”, il “flamenco”,
senza trascurare il canto, la recitazione,
l’arte del mimo». Chi tra i suoi colleghi
italiani considera tra i più completi, tra i
ballerini di oggi? «Manuel Frattini,
Michele Carfora, solo per citare un paio di
nomi, ma non sono i soli e non voglio far
torto a nessuno. Ciò che mi fa più piacere,
comunque, è che continuino a nascere nuovi
talenti e l'entusiasmo che vedo in molti
giovani professionisti. Questa “Musical
Renaissance” in Italia è per me una gioia.
Anche se c’è ancora un grande problema: i
soldi. E il musical di soldi ne richiede
molti. Anche se, forse, le cose più
importanti rimangono le idee e, naturalmente,
avere...
bravi ballerini!». Il musical “All the jazz
on Broadway”, presentato dalla Compagnia
“Giovani ‘90”, dopo una “preview”
pubblica di questa estate toccherà,
dopo Bologna, parecchie città italiane; sono
previste (salvo cambiamenti dell’ultim’ora)
tappe a Finale Emilia (7/1), Viterbo
(12-13/1), Bolzano 16/1), Sacile (17/1), Colle
Val d’Elba (29/1), Novara (2-3/2), Sassuolo
(6/2), Vigevano (16/2), Badia Polesine (18/2),
Verona (19-20-21/2), Oderzo (22/2),
Castiglione delle Stiviere (23/2), Val d’Agno
(25/2), Taranto (27-28/2), Brindisi (1/3),
Bari (2/3), Napoli (dal 5 al 10/3), Forlì
(13/3) e Casale Monferrato (15/3).
Giorgio
Banti Mentre
questo numero di "Musical!" sta
andando in stampa, è venuto a mancare il nostro
collaboratore tecnico e autore di molti servizi,
Giorgio Banti. Grande uomo di teatro, con la
sua profonda cultura si interessava di tutte
le forme di spettacolo, in special modo quello
musicale, frequentato prima da appassionato e
poi da addetto ai lavori. Schietto,
sincero, dotato di grande sensibilità e
fondatore, insieme a Sabino Lenoci, di
un'altra rivista del nostro Gruppo, la rivista
"L'Opera" (in qualità di
vicedirettore) che in quindici anni di vita,
grazie anche a Lui, è diventata leader
internazionale del settore operistico, Giorgio
Banti aveva aderito, circa due anni fa,
all'idea del nuovo progetto di una rivista
dedicata al mondo del musical. Infaticabile
si prodigava nella preparazione redazionale
delle due riviste. Purtroppo una terribile
malattia ha stroncato la sua vena creativa e
la sua passione per la musica, lasciando tutti
noi increduli e attoniti. Nel profondo
dolore siamo convinti che l'amico Giorgio
continuerà a seguirci affinché le sue due
creature, "L'Opera" e
"Musical!" continuino la strada che
Lui aveva voluto. Ciao Giorgio. |