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Voilà "la Miss"!
All'Opera Comique di Parigi uno spettacolo dedicato all'indimenticabile Vedette del Music Hall francese, Mistinguett, con la regia di Jerome Savary

MistinguettChe stagione è stata quest’ultima a Parigi per tutto quanto si possa definire, a torto o a ragione, Commedia Musicale!
Una stagione aperta e chiusa sotto il segno di Jerôme Savary, con uno spettacolo perfetto, Irma la Douce, al Théâtre de Chaillot all’inizio, e una rievocazione commossa, ma in parte mancata, a conclusione, Mistinguett, in memoria e glorificazione di questa grande Star (ma loro dicono Vedette) scomparsa quarantacinque anni or sono. In mezzo, tra questi due momenti di spettacolo che più francese non si può, sugli echi del successo planetario di Notre-Dame, peraltro creato e battezzato in Francia, con le apparizioni di qualche Musical tradizionale (La cage aux folles, Chantons sous la pluie), ben tre megashow (l’orribile parola è una loro creazione) che vanno da Les milles et une nuits de Ali Baba, a Roméo et Juliette de l’haine e de l’amour, passando per Les Dix Commandements, che hanno in comune la caratteristica di svolgersi su palcoscenici sterminati (Palais des Sports, Palais des Congrès) di essere molto simili fra loro come musica, di rivolgersi ad un pubblico adolescente dopo un martellamento mediatico che ha reso celebri le canzoni assai prima della «prima» e, infine, di trattare argomenti tanto, ma tanto noti.
Un po’ ignorato, almeno da noi, un delizioso Air de Paris, debutto del grande danseur étoile Patrick Dupond nella canzone, e debutto coronato da meritatissimo gran successo, più un’antologia, legato al solito da un pretesto piuttosto fragile, di parecchie fra le più belle canzoni francesi all’Espace Cardin.
Ma torniamo all’Opéra Comique e a questo Mistinguett, a metà tra il musical biografico e la divertita rievocazione, ma, appunto, a metà strada, forse anche perché sulla carriera tanto lunga di una Star, forse, ripetiamolo, ci sarebbero volute almeno due interpreti, una per le origini e una per la maturità. La scelta di condensare una serie di episodi, qualcuno storico, qualcuno soltanto ovvio, o tradizionale, in un momento preciso della vita e della carriera di Mistinguett, cioè quello in cui la maturità comincia ad agitare il fantasma della decadenza, finisce con il limitare proprio la struttura della storia, che è ulteriormente una struttura obbligata.
Dunque Mistinguett. Le canzoni che «la Miss» (così la chiamavano) ha cantato sono note in Francia come da noi l’Inno di Mameli, e probabilmente di più. Queste canzoni erano state rievocate mirabilmente da un’altra grandissima interprete nei primi Anni Settanta: Zizì Jeanmaire, la quale senza tradire in nulla una certa atmosfera tipica delle loro origini era riuscita a rinverdirle e a riportarle a un grande successo, il tutto nello stesso teatro dove erano state create, il Casino de Paris, che sembrava in quel momento dover tornare agli splendori di cinquant’anni prima quando Mistinguett cantava al suo pubblico, e insieme al suo pubblico, «C’est vrai», che poi era una canzone autocelebrativa, scendendo scale lunghe quanto ripide carica di quei trionfi di piume che diverranno sempre più fondamentali nella storia del Music Hall e che a vederli fanno pensare a una fantastica preparazione atletica solo per trasportarli su e giù.
Tanto erano fuori misura i suoi «truc en plumes» che fu coniata la battuta (ammettiamolo: non elegante) «Tutti gli struzzi d’Australia hanno il culo scoperto per colpa di Mistinguett!». Ma questo detto, dalle testimonianze, sembra che nessuno fosse capace di scendere quelle scale come lei, di accumulare tante piume (fotografie a dimostrazione), di cantare con un’incantevole voce arrochita le sue canzoni, sue perché era lei ad averle rese celebri: e qui ci sono le registrazioni che ci restituiscono intatto il bizzarro fascino della sua voce.
Era nata Jeanne-Marie Bourgeois nel 1875, e a tredici/quattordici anni era già attiva nel Music Hall con il nome di Miss Tinguette, e poi Mademoiselle Mistinguette, con quella «e» finale che perderà ben presto per entrare nel mito e iniziare una carriera che durerà, gloriosa, per più di cinquant’anni. La sua ultima apparizione in spettacolo è datata 1951 e morirà nel 1956.
Un solo film sonoro, Rigolboche, nel 1936, una diecina di film muti, fra i quali uno anche in Italia, e infiniti spettacoli in teatro, anche come attrice di prosa. Se dobbiamo scegliere un periodo d’oro per fissare la sua gloria, ancora una volta è un periodo lunghissimo: dal 1907, al Moulin Rouge, dove crea la famosa «Valse chaloupée» in coppia con Maurice Chevalier che sarà il grande amore della sua vita, fino alla vigilia della seconda guerra mondiale, alternandosi, ma sempre come massima Star, alle Folies Bérgères e al Casino de Paris.
Come abbiamo detto la strada scelta da Jerôme Savary, autore e regista, è quella di raccontare un momento nella vita di Mistinguett e fa indossare il personaggio a una star contemporanea come Liliane Montevecchi, italiana, naturalizzata francese, con una lunga carriera tra Hollywood (King Creol, 1958, con Elvis Presley) e Broadway (Nine, 1982, da 81/2 di Fellini; Grand Hotel, 1989, nel ruolo che in cinema fu di Greta Garbo) e Parigi, dove, proprio come la Mistinguett che impersona oggi, è stata la Star di riviste alle Folies Bérères, scendendo scale altrettanto lunghe e coperta da trionfi di piume che avrebbero fatto invidia alla stessa Miss.
Montevecchi canta con voce perfettamente aderente al modello le canzoni che tutti conoscono e riconoscono («Mon Homme», «En douce», «Je cherche un millionaire») ed è impavida nella mischia dello spettacolo.
Al suo fianco due veterani come Jean-Marc Thibaut e Ginette Garcin che canta deliziosamente una serie di motivi tradizionali, nonché un gruppo di cantanti attori impeccabili, più dodici competentissimi ballerini.La scena, con la famosa scala che ruota sul girevole, ad alternarsi con il camerino, molto vasto, di Mistinguett, e, in aggiunta, un paio di luoghi deputati, risulta invece piuttosto macchinosa.

Alvise Sapori

 

 

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